Autore: Isaac Bashevis Singer
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: Adelphi
Genere: letteratura contemporanea
Pagine: 280
Prezzo: 20 €
Un romanzo che vi catturerà e che vi dispiacerà finire. Keyla la Rossa, arriva in Italia, nonostante sia stato scritto più di quarant’anni fa. Finora è stato disponibile solo in ebraico. Un’operazione importante quella messa in piedi da Adelphi, attraverso cui si ridà dignità allo scrittore yiddish Isaac Bashevis Singer. Una storia forte, senza orpelli, che fin dalle prime pagine non lascia sperare in un lieto fine. Ma una trama robusta necessita di personaggi altrettanto solidi, e Singer non sbaglia un colpo.
Ed eccoli qui i personaggi.
Keyla, ex prostituta che in pochi anni di attività è passata per tre bordelli, ma che nonostante tutto è riuscita a sposarsi. Yarme, avanzo di galera che sposa Keyla per amore, ma che non ci penserà due volte ad approfittarsi di lei. Max lo Storpio, un truffatore perverso e ambiguo, che si è arricchito trasferendo giovani donne ebree dai bordelli dell’Europa orientale a quelli del Sud America. Bunem, giovane, idealista, pronto a farsi rabbino per accontentare il padre, ma pervaso da un sentimento di ribellione.
Siamo nei primi anni del XX secolo. La storia inizia a Varsavia, ma terminerà a New York, dove questi quattro personaggi si ritroveranno alla fine di varie vicissitudini. Perseguitati dai loro tormenti e dal destino, Keyla, Max, Yarme e Bunem saranno chiamati a fare i conti con la vita. Il tema del romanzo è l’amore, ma non nella sua forma banale e melensa, bensì, come manifestazione di una passione disperata che spazza via ogni inibizione.
La sensualità e il bisogno di sentirsi amata e protetta rendono Keyla fragile; la sua bellezza e il suo fascino ne fanno una preda appetibile; il senso di colpa la rende, però, una donna in fuga, pronta ad abbandonare tutto e tutti. Ma anche Yarme, Max e Bunem sono dei fuggitivi. I complessi e le riflessioni agitano in loro ansie, paure e pensieri suicidi. Keyla la Rossa è un romanzo triste, in cui, però, tutti sono sorridenti. Yarme è un inguaribile ottimista; Max se la cava sempre con la sua cinica ironia; Bunem è invece un ingenuo che vede nella filosofia una possibilità di salvezza. Keyla usa il sesso e l’alcol per darsi pace.
Ma al di là della trama e dei personaggi, Singer ha messo in questo romanzo tutte le contraddizioni della cultura ebraica. Così, queste quattro persone in fuga, vogliono anche scappare dalle loro origini e dalla loro cultura. Sono in cerca di una Terra Promessa, ma per trovarla non si affidano alle indicazioni divine. Nessuno di loro si sente membro del Popolo eletto, anzi, ognuno si riconosce apolide, pronto ad abbracciare l’ateismo in nome del sistema capitalistico americano, secondo cui la ricchezza è la salvezza. In un primo momento, Yarme e Keyla restano affascinati dai racconti di Max lo Storpio, nato povero, ma diventato ricco sfruttando giovani ebree. E non fa niente se egli va a letto con gli uomini e con le donne, se i suoi sensi di colpa lo hanno reso insonne e ansioso, se ha violentato Keyla, se si è appellato alla Legge ebraica per truffare meglio gli appartenenti al Popolo eletto; tutto ciò è giustificabile, se rapportato ai valori del Nuovo Mondo che Max ha deciso di incarnare.
In tutto ciò, Keyla è la più candida fra tutti i personaggi. Lei è la prostituta che si pente, ma che si lascia trascinare nel fango dalle circostanze. Lei sa amare, ma l’amore la tradisce. Lei è spaesata e non può far altro che affidarsi al Dio degli ebrei, che forse le concederà il perdono.
Questo è tutto ciò che posso dirvi di un romanzo che vi catturerà fin dalla prima riga.