
Data di pubbl.: 2024
Pagine: 178
Prezzo: €15,00
“Un omicidio insolito, commesso nel mezzo di una messa, in una chiesa piena di gente e quindi di potenziali testimoni, nella settimana di Pasqua, e per questo ancor più inquietante. Un delitto a sfondo religioso, pensò Giovanni Alma…” (pag. 14)
Giovanni Alma è un investigatore privato da dieci anni vedovo della moglie Marella con la quale ancora s’intrattiene con il pensiero e che accusa, nel profondo del cuore, di averlo abbandonato. La povera Marella è stata divorata da un cancro in breve tempo, ma Alma rimugina lo stesso su quella morte crudele, su quella separazione definitiva e implacabile che oggi gli impedisce di trovare una nuova compagna, di innamorarsi di nuovo. Prigioniero di sé stesso, neppure vuole arrendersi all’amore sincero della sua assistente Ninetta. Da lei, come da altre donne che hanno costellato la sua vita negli ultimi dieci anni, accetta solo e passivamente di essere posseduto sulla vecchia poltrona a fiori di una zia defunta, poltrona sulla quale ha scelto di dormire, perché persino utilizzare di nuovo il letto matrimoniale condiviso on Marella gli fa orrore.
Intanto la città di Gela, in Sicilia, dove Alma vive e lavora, si prepara alla Settimana Santa con un tempo atmosferico freddo e piovoso e un terribile delitto nella Chiesa del Carmine durante la Messa. È il parroco Don Salvatore a mettere Alma a giorno dell’accaduto, mentre polizia e scientifica compiono i rilievi del caso, a presentargli l’avv. Cosimo Spadaro, buon parrocchiano e uomo di cultura, e infine a pregarlo di svolgere un’indagine parallela. Dell’ispettore Calogero Smecca non si fida: arruffone, raccomandato, impreciso, salta subito all’affrettata conclusione che si tratti di un delitto legato al racket della prostituzione giacché il morto è tale Orazio Gitana, un noto pappone. Giovanni Alma inizia dunque la sua indagine con l’aiuto dell’amico Sovrintendente Ignazio Trainito, ma ben presto un nuovo delitto, avvenuto sempre durante la funzione religiosa, insanguina la chiesa dei Cappuccini. E qui, a morire, è un’anziana signora male in arnese. Neppure due giorni dopo tocca a un adolescente nella chiesa di Sant’Agostino. Delitti incomprensibili e in apparenza senza movente con un’unica caratteristica in comune: la presenza, accanto ai cadaveri, trafitti da uno strumento appuntito, di 30 lingottini d’argento e un santino di una stazione della via Crucis. Che sia la storia di Giuda, o comunque una sua interpretazione, ad armare la mano dell’assassino?
“Giovanni Alma meditava sulla natura del male. … Un concetto, un comportamento, un’entità? Qualunque cosa fosse, sapeva annidarsi ovunque e assumere le forme più diverse. Quello che del male gli faceva più paura era la possibilità che si nascondesse vicino a noi, lì dove non immaginavamo potesse trovarsi.” (pag. 53)
Gabriele Cantella ordisce una trama gialla astuta e complicata il giusto, nonché venata di reminiscenze storiche e filosofiche che rendono questo libro diverso e interessante. Grande attenzione è dedicata alla psicologia dei personaggi, al loro vissuto, alle loro memorie, e al tema eterno del libero arbitrio.