Autore: Don DeLillo
Data di pubbl.: 2009
Casa Editrice: Einaudi editore
Genere: letteratura contemporanea
Pagine: 242
Prezzo: 12 €
Profetico e maledettamente attuale. Se dovessi descrivere in una sola battuta questo libro non riuscirei a trovare altre parole. Quest’opera è apparsa per la prima volta nel 1973, in Italia è arrivata nel 1997, con ventiquattro anni di ritardo. Nella mia libreria conservo gelosamente la prima edizione targata Il Saggiatore, prezzo di copertina ventuno mila lire. Bei tempi, sia per me, sia per voi che leggete. Giusto?
Ma mettiamo da parte la nostalgia e andiamo al dunque. In quest’opera il bravo Don inserisce tutti gli archetipi della società contemporanea, anticipando di quasi mezzo secolo le nostre odierne paure.
L’individualismo, la mercificazione dell’arte e del pensiero, la ricerca del successo, la soggettività dell’uomo che si dissolve nello spazio pubblico, la vana ricerca della solitudine e della contemplazione. Cosa volete di più da un romanzo?
Il protagonista di questo incubo letterario è la rockstar Bucky Wunderlick che proprio all’apice del successo decide di rifugiarsi in un appartamento sito in Great Jones street, nella periferia di New York. Il suo è un rito di purificazione, una scelta necessaria per sopravvivere all’ansia e allo stress. Ma qualcosa va storto e il nostro eroe si trasforma subito in ambita preda al centro di un’immensa caccia all’uomo.
Lo cerca infatti il suo manager che vede in lui una macchina da soldi. Lo cercano i suoi fans che lo hanno eletto nuovo messia della musica. Lo cercano i componenti della Comune Agricola di Happy Valley, pronti a spacciare una potentissima droga in grado di togliere all’uomo la parola.
Insomma, in un modo o nell’altro Wunderlick non riesce ad essere dimenticato e la sua scelta di uscire dalla scena pubblica ha solo un effetto: quello di trasformarlo in un rivoluzionario che combatte la sua guerra in favore della privacy e della riconquista dell’anonimato. Ad affibbiargli questo ruolo sono proprio i componenti della Happy Valley, guidati dal misterioso Dottor Pepe, una sorta di guru che ricorda tanto Charles Manson.
Infatti, con il suo gesto improvviso, l’ex rockstar è un inaspettato precursore del progetto del Dottor Pepe che vuole fare della droga lo strumento attraverso cui l’uomo potrà riappropriarsi dell’intimità e quindi della privacy.
Bene signori, tutto questo non è profetico? Oggi la droga non è lo strumento attraverso cui sempre più persone cercano di riacciuffare la propria dimensione perduta? Ma continuiamo nel nostro viaggio.
All’interno del condominio in cui si trova l’appartamento scelto da Wunderlick come tempio ci sono anche altri personaggi. Il più intrigante è sicuramente lo scrittore ansioso, spaventato dalla possibilità di rimaner vittima di un blocco creativo e che sperimenta nuove forme letterarie, con l’obiettivo di conquistare il mercato. Ma proprio questo personaggio così marginale dà una chiave di lettura particolare che, logicamente, non vi svelerò perché il mio compito è solo quello di mettervi la pulce nell’orecchio.
Ciliegina sulla torta la scrittura di DeLillo. Ironica e pungente, appassionata e corrosiva, americana fin dalla prima riga. Il nostro Don ama mostrarci tutto. Se fosse un pittore sarebbe uno dei massimi esponenti dell’espressionismo tedesco, perché i suoi personaggi sono grotteschi e netti. Anche quando piangono non perdono l’ironia e nei loro discorsi, che a volte si trasformano in monologhi ripetitivi e contraddittori, dimostrano quella tendenza, diventata ormai parte integrante della nostra società, ad essere sospettosi verso la realtà oggettiva ma fanatici seguaci di teorie astratte.
Insomma, c’è un motivo per cui Don DeLillo è considerato uno dei migliori scrittori viventi.