Titolo: Antoine Bloyé
Autore: Paul Nizan
Anno di pubblicazione: 1933
Edizione usata per la recensione: Bertani, 1972
(Recensione a cura di Emanuela Gervasini)
Antoine Bloyé di Paul Nizan, romanzo dall’impronta autobiografica, è pubblicato dalla casa editrice francese Grasset nel settembre 1933 E’ la storia di un uomo di estrazione operaia che valica il confine sociale diventando borghese, impiegato alle ferrovie, un piccolo borghese, potremmo definirlo, laddove l‘aggettivo piccolo si riferisce alla mediocrità e alla meschinità di chi rinnega le proprie origini. Antoine, incollato ad interessi di una classe che non gli apparterrà mai, rinnega il passato e si chiude nella disperazione, in un male che non è più individuale ma che assume una dimensione sociale Grazie ad una borsa di studio della Terza Repubblica, scala la società e si sposa con una borghese, guadagna, garantendo alla famiglia una certa agiatezza economica.
E’ il romanzo di un tradimento che lo porterà alla delusione di un’esistenza tuttavia apparentemente di successo di fronte alla società. “Non era più della morte del corpo che aveva paura, ma del viso informe della propria vita, di quella vaga immagine di se stesso, di quell’essere decapitato che camminava nella cenere del tempo (…) senza direzione, senza punti di riferimento. Era decapitato, nessuno si era reso conto che aveva sempre vissuto senza testa”.
Nella prefazione ad Aden Arabie (1960), Jean-Paul Sartre si sofferma sull’infanzia dell’autore che, figlio di genitori attempati, interiorizza il muto conflitto di una vecchia borghesia e di un operaio rinnegato. Sartre pone l’accento su una certa fatalità della vita del protagonista: “Tutto era cominciato con una falsa vittoria (…), al tempo in cui la borghesia promette a tutti il grande avvenire (…) in cui ogni figlio di operaio ha in cartella un diploma in bianco di borghese”. Diploma come lascia-passare per una nuova classe sociale e quindi per una nuova vita. Vita? Nizan giudica l’impiego del padre come un’agitazione maniacale e vana il cui unico fine è la concezione utilitaristica dell’esistenza.
Numerosi i temi del romanzo: l’alienazione economica, le divisioni sociali, la morte, il tradimento e il sogno. Tutto diventa artificiale. In una società ove tutto è sottomesso alla reificazione, anche i sentimenti sono stereotipati, senza slancio, legati, per così dire, a convenzioni sociali, richiami e doveri. Il romanzo non ispira positivamente la critica dell’epoca. Anche la posizione marxista, a cui sembra aderire Paul Nizan, non esprime un giudizio a suo favore. Secondo Jean Fréville di l’Humanité, “Antoine Bloyé è il racconto di una vita mancata, temi che ispirarono Flaubert, (…) Dickens e Duhamel, scrittori borghesi”.
Il romanzo di Nizan è comunque un’opera realista che ripercorre la scalata sociale di un operaio dal 1864 al 1914, periodo in cui la Francia vede il trionfo della logica capitalista e la nascita del proletariato urbano. L’unica edizione in italiano di cui disponiamo è edita dalla casa editrice Bertani e risale al 1972.