Titolo: Sonata a Kreutzer
Autore: Lev N. Tolstoj
Prima edizione: 1889
Edizione usata per la recensione: Feltrinelli, 2006
La cornice di questo celebre racconto scritto tra il 1887 e il 1889 è il vagone di un treno: durante un lungo viaggio salgono e scendono più persone, alcune percorrono brevi tappe, altre invece condividono tratti più lunghi diventando in qualche modo tra loro familiari. Tra queste c’è un uomo che si distingue dagli altri per i suoi «movimenti bruschi» e per i suoi «occhi straordinariamente brillanti». La fisicità già dice molto della sua persona: un qualche pensiero lo tormenta, un peso inconfessabile che ne condiziona i gesti e che non gli concede alcun riposo. Si chiama Pozdnyšev e la lunga notte di viaggio sarà per lui l’occasione per svelare ad uno sconosciuto la propria storia, tentando forse così di alleggerire il peso che grava sulla sua coscienza. Alcune considerazioni generali su questioni di ordine morale danno il la al libero fluire del racconto: una confessione senza freni, dapprima lucida e consapevole, in grado di ripercorrere con estrema accuratezza ogni dettaglio, poi, in un crescendo di emotività, sempre più concitata e sconcertante. Pozdnyšev ha ucciso sua moglie in un accesso di ira, convinto che lei lo abbia tradito con Truchačevskij, affascinante musicista che lui stesso le ha presentato. Questa tragica verità, di cui l’interlocutore viene immediatamente a conoscenza, è però ricostruita gradualmente esaminandone man mano le cause profonde e rimandata ad arte alle ultime pagine. Così Pozdnyšev ripercorre la sua vita da scapolo, poi l’innamoramento e il matrimonio, ma dalla prospettiva agghiacciante di chi ha distrutto la propria vita e quella altrui giungendo infine, senza un reale pentimento, a disprezzare l’amore in quanto tale.
«“La cosa più esecrabile,” riprese a dire, “è il fatto che si dà per scontato che l’amore sia qualcosa di ideale e di elevato, mentre in realtà esso è qualcosa di abietto, di maialesco, qualcosa di cui c’è da vergognarsi perfino a parlarne.”» (p. 60)
Questo l’approdo morale cui giunge Pozdnyšev: l’amore non è che il nome ipocrita dietro il quale si nasconde un desiderio sfrenato di piacere, perseguito con i mezzi più ignobili per soddisfare il proprio egoismo. La vita coniugale è analizzata dunque da una lente deformante che rende palesi le ipocrisie, i compromessi, le sensuali ambiguità cui i due amanti si sono piegati. E se talvolta il racconto sembra essere gravato dal tono scettico e predicatorio del “secondo Tolstoj”, convertitosi dal 1880 ad una vita ascetica improntata ad una inflessibile morale cristiana, d’altra parte alcune pagine riescono a raggiungere vette di eccezionale verità, prive di mediazioni intellettualistiche. Così, ad esempio, il sentimento della gelosia che trascinerà il protagonista verso il gesto estremo è indagato in ogni sfaccettatura, dal suo primo insorgere fino al tragico e violento esito. Sublime poi il momento della narrazione in cui tale sentimento diviene consapevole nell’animo di Pozdnyšev: è la perfetta esecuzione della Sonata a Kreutzer di Beethoven ad opera della donna e del suo presunto seduttore Truchačevskij che giunge come tragica epifania a confermare i sospetti dell’uomo. La musica agisce sul suo animo eccitandone parossisticamente la sensibilità: da qui il destino di Pozdnyšev appare inevitabilmente segnato e ogni mossa, ogni gesto sarà un passo inesorabile verso il baratro.
«Perlomeno su di me l’esecuzione di quel pezzo ebbe un effetto terribile: fu come se mi si scoprissero sentimenti nuovi, che mi pareva di non aver mai conosciuto, come se mi si svelassero nuove possibilità di cui fino ad allora non avevo avuto sentore». (p. 101)
La Sonata a Kreutzer è un racconto tormentato e senza speranza che, però, per essere realmente goduto va sciolto dalle considerazioni etico-filosofiche dell’autore, espresse apoditticamente nelle Postille annesse in un secondo momento al testo. Si può dire infatti che sia proprio la cattiveria della sua scrittura, che mette a nudo le contraddizioni umane e che di fatto non offre redenzione, a fare di questo racconto un autentico diamante.