“Non sei tu che prendi la decisione, è lei che prende te. Ad un certo punto la cosa va fatta e si fa”. Così Rosa Mogliassso ci spiega come ha deciso di concedersi un anno sabbatico e di intraprendere la sua prima avventura letteraria L‘assassino qualcosa lascia, subito in finale al premio Bancarella 2010. Nel 2011 L’amore si nutre di amore conferma il suo talento di scrittrice. Luciana Littizetto, Margherita Oggero ed Elio le dedicano recensioni piene di entusiasmo. Ora Rosa Mogliasso è in libreria con La felicità è un muscolo volontario, un giallo pieno di suspense, frizzante e divertente. Un titolo che non lascia indifferenti. Protagonista è ancora il commissario Barbara Gillo questa volta alla prese con il delitto dell’ ex contessa Elisa Prumotti Mappei. Chi può averla uccisa? Il figlio nullafacente? La figlia, ex allieva di un collegio di suore ed ex terrorista? E poi c’è la vita complicata di tutti i giorni. Una sorella a cui Barbara non somiglia affatto, ossessionata dalla moda e dalle uscite mondane e le difficoltà di mantenere una relazione a distanza.
C’è molta ironia nei tuoi romanzi soprattutto nei momenti più drammatici. Cos’è per te l’ironia? E’ un’arma che usi anche nella vita?
L’ironia è la complicità che si crea tra lo scrittore e il lettore a scapito dei personaggi; nella vita sono ironica con moderazione, soprattutto cerco di essere autoironica e non prendermi troppo sul serio.
La felicità è un muscolo volontario. Com’è nato questo titolo che ha la forza di una calamita?
La forza del titolo sta nel paradosso, da dove sia arrivato non ti saprei dire, un giorno mi è venuto in mente, come diceva Italo Calvino la fantasia è un posto dove ci piove dentro.
Cos’è per te la felicità?
La felicità è come si reagisce alla sofferenza.
Come ci si allena alla felicità?
Cercando di non essere troppo ossessionati da noi stessi.
La vittima del tuo romanzo giocava settimanalmente a backgammon. Ci spieghi la teoria per cui il gioco del backgammon può avere un’utile applicazione nella vita quotidiana?
Tiri i dadi, sei nelle mani del fato, conti velocemente e ti dai una mossa, insomma sei nel presente, ti concentri sul momento, su qualcosa che è completamente staccato dal tuo meschino “particulare” quotidiano.
Quanto Barbara Gillo ha in comune con le donne di oggi? Ne hai fatto un personaggio femminile complesso, un’eroina dei nostri tempi, indipendente e autorevole nella professione ma anche fragile e problematica nella vita privata…
Sentimentalmente parlando Barbara è confusa e scombinata, non sa proprio dove andare a parare, che altro posso dire sulle donne di oggi?.
Ti ispiri a persone reali quando costruisci i tuoi personaggi?
I personaggi sono tutti dei Frankenstein, vai a prendere ovunque e poi incolli.
Quando scrivi pensi più ad un pubblico femminile o maschile?
Scrivo per tutti, ma mi dicono che sono gay friendly.
Che tipo di lettrice ti ritieni e cosa leggi prevalentemente?
Sono una capra, non escludo quasi nulla, però quando non voglio perdere tempo leggo e rileggo i classici: Tolstoj, Flaubert, James, Nabokov, Philp Roth, Fruttero e Lucentini.
Com’è che una donna decide di scrivere un giallo e non un forse più semplice e tradizionale romanzo rosa?
Già, ci devo pensare, perché no? Ma, soprattutto, perché sì?.
Ti hanno mai proposto di trasformare i tuoi romanzi in un film per il cinema o in una serie per la TV? Ti piacerebbe che te lo proponessero?
Tutti mi dicono: i tuoi libri sono perfetti per farci una serie televisiva, però per ora NADA DE NADA. Sì, piacerebbe molto al mio conto in banca.
Quanto conta la descrizione di un assassinio in un giallo? Mi pare che tu non abbia alcun timore nell’indugiare in particolari truculenti anche se riesci poi sempre ad alleggerire e a “normalizzare” tutto con l’ironia. Cosa pensi dei gialli in cui i morti non si vedono e gli assassinii sono solo un’intuizione?
Cosa penso? Penso che, a essere sinceri, nessuno di noi scrittori di gialli ha mai visto un morto ammazzato, quindi chi scrive arrivando a evocare morti e assassini senza indugiare nella loro descrizione forse ha ragione ed è bravo, io faccio quello che posso.