“Ma dove cazzo sei?”
Questo è l’incipit del nuovo libro di Michele Serra, Gli sdraiati (Feltrinelli), presentato a Torino nella splendida cornice del teatro Gobetti a cura de Il circolo dei lettori.
Il giornalista, incalzato dalle domande di Luciana Littizzetto, ha affrontato il tema complicato della comunicazione tra genitori e figli, riflettendo sulla propria figura di padre e cercando di dipingere, attraverso aneddoti scaturiti dal rapporto con la propria progenie, un’analisi generale su questo nodo cruciale della società odierna: “Non è vero che il conflitto tra generazioni sia sempre simile. Esiste una grande discontinuità e la tecnologia, nelle sue mille sfaccettature, la rappresenta. Oggi è stato varcato un confine: è meno importante la persona che s’incontra per strada di quella connessa tramite uno dei dispositivi d’uso comune”.
Michele Serra sottolinea, in apertura di presentazione, l’aspetto doloroso della scrittura di un libro dato alle stampe dopo cinque anni di duro lavoro. Un testo leggero e divertente ma portatore altresì di profonde riflessioni: “Fare figli è natura, l’educazione invece è cultura. Ad un certo punto ogni figlio si trasforma in una persona e questo complica il rapporto come per qualsiasi incontro con altri individui”.
Un rapporto, spesso contraddittorio, che viene esemplificato attraverso una serie di aneddoti spassosi, scritti con accorgimenti narrativi calzanti (mancanza di punteggiatura per determinati effetti, la resa surreale dei dialoghi con quei personaggi improbabili che ruotano intorno all’esistenza della prole: un tatuatore, i numerosi fidanzati/e o gli amici folli.. etc.. etc..) e uno stile sempre pungente, cosparso di quella ironia che rappresenta, da sempre, il marchio di fabbrica dell’autore romano.
Michele Serra analizza i comportamenti di una generazione che si è allontanata celermente da quella che l’ha preceduta: l’essere multitasking, lo sfasamento completo del fattore temporale, la spensieratezza di un consumismo diffuso (“come si fa a fare una doccia di 25 minuti? Spero sempre che nel box con mio figlio ci sia Kim Basinger visto il consumo d’acqua…”) sono solo alcuni degli elementi che hanno scavato questa frattura netta e visibile. Una situazione inevitabile che viene sottolineata dalle parole bofonchiate da uno dei figli durante una siesta interconnessa sul divano di casa di fronte allo stupito sguardo paterno: “È l’evoluzione della specie…”.
Gli sdraiati “è un libro che mi rappresenta, che combatte la costruzione di un ordine preciso in favore di un disordine sincero”. Michele Serra, tra una battuta e l’altra, sofferma la sua attenzione sul dolore scaturito dalla rottura di una catena familiare che, nell’odierna realtà, si spezza dopo secoli di prosecuzione naturale. La consapevolezza, cioè, che quest’ultimo anello di congiunzione non riesca a legarsi ai precedenti in maniera fisiologica e “normale” ma che proceda per una via autonoma e generatrice di preoccupazioni.
Nell’autore rimane dunque la convinzione che “certe cose non possiamo afferrarle e comprenderle perché il mondo è davvero cambiato. Il bombardamento incessante di stimoli, contatti, connessioni, nonché la presenza costante delle cuffie, segnano una netta separazione tra padri e figli. Soprattutto sono convinto che questa nuova attitudine non sia per principio errata solo perché noi, genitori d’oggi, non sappiamo capirla”.