In Italia per presentare “I giorni dell’eternità”, terzo ed ultimo libro dell’avvincente trilogia “The century” dedicata al novecento, Ken Follett ha incontrato giornalisti e bloggers sul treno che sabato sei dicembre l’ha portato da Roma a Milano. Atmosfera informale, domande dirette, Follett ha risposto a tutti senza mai risparmiarsi. Ha parlato di libri, di scrittura e della sua passione per la musica. Si è reso disponibile a fare fotografie e a firmare copie dei suoi libri. Con eleganza e aplomb da perfetto gentleman inglese ha sfidato l’alta velocità, senza mai scomporsi. Ecco cosa ci ha raccontato.
Prima di dedicarsi al romanzo storico (1989, I pilastri della terra) ha trionfato nel romanzo di spionaggio: il primo, “La cruna del lago”, l’ha pubblicato nel 1978. Da allora è stato un susseguirsi di successi editoriali. Ha mai avuto crisi di ispirazione?
Grazie al cielo no. Prima di iniziare a scrivere pianifico il mio lavoro. Ci sono talmente tante cose di cui vorrei scrivere, è molto improbabile che mi capiti una crisi d’ispirazione.
Nella trilogia “The century” affronta aspetti della storia che a scuola non si raccontano. Sente di lasciare in qualche modo una testimonianza storica attraverso i suoi libri e come ha scelto gli eventi che racconta nel suo ultimo libro?
Vorrei che i miei lettori conoscessero la storia in maniera approfondita. Se io possa essere definito un “testimone della storia” non lo so, certamente mi piace pensare che i miei lettori possano conoscere attraverso le storie e l’ambientazione dei miei libri l’atmosfera di un’epoca. Ho scelto di raccontare gli avvenimenti più drammatici e soprattutto quelli che meglio potevano coinvolgere le storie delle cinque famiglie di cui racconto.
Teme che i lettori, soprattutto i più giovani, possano essere scoraggiati dalla lunghezza dei suoi libri soprattutto in un’epoca in cui le nuove tecnologie hanno ridotto la soglia di attenzione?
Credo che i giovani amino ancora leggere, basti pensare alle file di ragazzi in coda fuori dalle librerie per l’uscita di un nuovo romanzo di Harry Potter. Se un lettore è scoraggiato dalla lettura di un libro è solo perché è noioso. Quando ho scritto “I pilastri della terra” molti mi hanno scritto perché ne erano talmente entusiasti che avrebbero voluto fosse ancora più lungo.
Quale consiglio darebbe ad un aspirante scrittore?
Di scrivere innanzitutto qualcosa che coinvolga emotivamente il lettore. Solo così si può scrivere un best seller.
C’è un’epoca storica a cui si sente più legato?
Amo molto il medioevo. Credo che le persone a quell’epoca non fossero molto diverse da noi. Anche scrivere la trilogia sul novecento mi è piaciuto molto però, mi ha ricordato quando ero un giovane giornalista negli anni sessanta. Un’epoca preferita non ce l’ho: sarebbe come chiedere quale dei miei figli io ami di più.
Cosa la sorprende ancora del mestiere di scrivere?
La vera sorpresa è che il mio lavoro con il passare degli anni diventa sempre più interessante. Da quando ho scritto il mio primo romanzo sono passati quarantuno anni e non vedo l’ora di riprendere il prossimo. Credo anche di poter ancora migliorare.
Prima di diventare scrittore ha lavorato in diversi ambiti del settore editoriale. Cosa ne pensa dei cambiamenti che sta attraversando l’editoria in questi anni?
Non sono contrario né agli ebook – che piacciono molto ai giovani – né agli audio libri. Cartacei o elettronici credo che i buoni libri esisteranno sempre finché ci saranno delle buone storie da raccontare.
Cosa pensa del rapporto tra scrittura e social network? Sappiamo che è un assiduo frequentatore di twitter.
Mi piacciono. Con twitter ho un riscontro immediato dai lettori. Mi interessa quello che mi scrivono. Credo che alle persone piaccia condividere le proprie esperienze di lettura. Anch’io con i miei amici parlo spesso di libri, ci scambiamo consigli ed opinioni. Credo che i social network siano molto utili al mondo editoriale.
Da lettore quale libro ha sul suo comodino?
Un libro di Modiano. Scrive romanzi brevi molto interessanti. Come tanti anch’io non lo conoscevo prima che vincesse il Nobel. I suoi libri hanno dei risvolti intriganti, mi divertono.
Ha una sua band con cui suona blues. Ci racconta qualcosa riguardo la sua passione per la musica?
Suono il basso in gruppo che si chiama Damn right I got the blues. Proviamo tutti i lunedì sera in uno studio di registrazione di Londra. Ci divertiamo a suonare e a cantare, non chiediamo soldi. A volte ci chiedono di suonare per i matrimoni o per gli eventi di beneficenza, ci piace molto. E’ un gran bel colpo di adrenalina suonare davanti a duecento, trecento persone, ci sono anche molte belle ragazze che si danno da fare non da ridere, è un bel vedere.
James Bond aveva il suo Martini, Ken Follett cosa beve quando ascolta blues e quale personaggio letterario inviterebbe a fargli compagnia?
Bourbon, liscio con ghiaccio. La mia compagna ideale di bevute di Bourbon sarebbe sicuramente una delle fidanzate di James Bond, una qualunque delle sue fidanzate sarebbe perfetta.
A quali altre piccole ossessione non saprebbe rinunciare oltre a quale per la filosofia e per l’investigazione ?
Non so se definirla una vera e proprio ossessione ma in tutti i miei libri compare sempre un tipo di donna intelligente, coraggiosa e sexy: è un’incarnazione di mia moglie Barbara, probabilmente questa è la mia ossessione.