Guido Quarzo, torinese, è stato insegnante elementare e poi scrittore di testi, in poesia e in prosa, per bambini e ragazzi, aggiudicandosi nel 1995 il prestigioso premio Andersen. Dal 2011 dirige la “collana bestiale” dell’ editrice Notes, rivolta ad un pubblico di giovani lettori dai sette ai dieci anni. Nella sua vastissima bibliografia “Clara va al mare”, storia del viaggio al mare di una bambina diversamente abile e le serie scritte per il Battello a Vapore, settore Junior di Edizioni Piemme.
Lo abbiamo incontrato in occasione di Festivaletteratura a Mantova, dove presentava il suo nuovo romanzo, “La meravigliosa macchina di Pietro Corvo”, edito da Salani.
Quali sono le ragioni per cui ha scelto innanzitutto di cimentarsi nel genere della fiaba?
Mi son orientato sulla fiaba per varie ragioni. Innanzitutto l’aspetto formale: è generalmente sintetica e velocissima e ho trovato sempre affascinante nella narrativa concentrare in pochissimo tempo e spazio un’intera storia. Il mio riferimento è Calvino con le “Fiabe Italiane”. Credo sia importante fare uno sforzo di avvicinarsi ad un modello, anche se sappiamo che non arriveremo a quel livello. Poi ci sono i contenuti che sono una mediazione di tematiche profonde. I fatti riflettono situazioni emotive come paura, affetti, relazioni, abbandono e autostima. L’estrema sintesi abbinata a contenuti pregnanti mi ha fatto scegliere la fiaba.
Ora ha pubblicato per Salani il romanzo “La meravigliosa macchina di Pietro Corvo”: quali sono i caratteri principali di questo libro?
E’ un romanzo di amicizia e di formazione che si svolge nel 1700. Ho preso come modello le scritture settecentesche, specialmente del periodo dell’Illuminismo e in particolare le confessione di Rousseau anche se qui, naturalmente, andiamo ai minimi termini. La storia di amicizia è particolare perché c’è un adulto che si occupa di un ragazzo e poi alla fine quest’ultimo, diventato uomo, che si occupa dell’anziano, con un andamento circolare. Quando ho scritto la storia, però, non avevo in mente questo: è un’analisi che faccio ora a posteriori. Il mio lavoro si svolge seguendo una logica che mi guida; ogni tanto incontro degli snodi e da lì in poi mi ingabbio nelle conseguenze della mia scelta fino ad un altro punto di snodo. Soltanto riflettendo ritrovo i temi che ho inserito e in questo caso soprattutto il susseguirsi dei passaggi che il personaggio compie per crescere, per definirsi come persona.
Cosa pensa dei romanzi di formazione in generale?
Se vogliamo puntare sull’identificazione per i ragazzi sono utili, ma ognuno dovrà costruirsi la propria riflessione personale. In questo caso Giacomo fa un paio di incontri di cui uno è Rousseau giovanissimo, che passa da Torino e fa il servitore. Lo trova molto confuso: gli piacerebbe fare mille cose come il naturalista, il filosofo e il musicista. Così non sa cosa scegliere. Giacomo quindi ad un certo punto pensa di essere fortunato perché ha una strada segnata e sa che farà l’orologiaio: giusto o sbagliato che sia riflette l’epoca in cui vive ed è uno snodo tematico interessante.
Cosa possono fare genitori e insegnanti per dare uno stimolo alla lettura?
Innanzitutto credo dare l’esempio, leggere a voce alta e comunicare l’entusiasmo, il divertimento e la gioia senza dimenticare l’impegno. In fondo per ogni attività che si impara è necessario lo studio. Detto questo poi occorre abbandonare ogni delirio di onnipotenza pensando che i nostri alunni o i nostri figli debbano essere come noi. Infine non dimentichiamo che i giochi non sono mai fatti: io per esempio ho amici che sono diventati lettori forti a quarant’anni. Questo toglie anche un po’ di preoccupazione ed è un bene perché l’ansia non è produttiva.
Lei ha tenuto anche corsi di scrittura: quale aspetto di questa attività ritiene particolarmente interessante?
È molto divertente “smontare il giocattolo”, così poi quando si legge una storia si può pensare a come è stata realizzata. Il rischio però è di togliere forse un po’ la magia, come accade quando conosciamo gli effetti speciali di un film. La scrittura narrativa non serve a creare degli scrittori, serve a far vedere come un racconto è costruito. È importante perché quando leggi capisci meglio la qualità di ciò che leggi. Io sono critico su quando mi si dice che lo scrittore ha fantasia: in realtà ci vuole spirito di osservazione, logica e capacità combinatoria, mettere insieme cose che normalmente non stanno insieme.