Autore: Russo Antonella
Data di pubbl.: 2011
Casa Editrice: Einaudi
Genere: Fotografia, Guida, Manuali, Storia
Pagine: 340
Prezzo: 19.50
“Storia culturale della fotografia italiana”, libro curato dalla storica della fotografia Antonella Russo, è una tra le più interessanti uscite editoriali degli ultimi mesi relative al settore della fotografia. Già il titolo, che contiene la parola “culturale”, indica chiaramente la natura del testo, che vuole essere ben più di un manuale di storia della fotografia. Il lavoro storico-critico che l’autrice ha portato avanti è ricco anche di dettagli e di immagini, di cui molte inedite.
L’argomento trattato è la storia della fotografia dal dopoguerra alla fine del Novecento, partendo dal Neorealismo, passando per il fenomeno del paparazzismo, per arrivare al fotogiornalismo e alla storia dell’associazionismo fotografico. L’autrice cerca di non limitare la sua analisi ad una semplice scansione cronologica e tematica, ma legando le problematiche della fotografia nostrana al contesto culturale italiano e individuando anche i legami con lo scenario europeo e internazionale.
Antonella Russo cerca di sfatare miti e opinioni errate, benché ancora diffuse, sulla fotografia italiana. Il capitolo sul Neorealismo fotografico viene circoscritto dall’autrice agli anni immediatamente successivi alla guerra, ossia quelli che vanno dal 1940 al 1949, aggiungendo che, in seguito, la carica innovatrice del Neorealismo fotografico finì per svuotarsi, cadendo in un populismo presente in maniera massiccia nel settore della carta stampata dell’epoca. Con la normalizzazione della situazione sociale, politica ed economica dell’Italia, il Neorealismo fotografico si ideologizzò sempre più. Nel capitolo sull’associazionismo fotografico, l’autrice ha avviato un’indagine storica, chiedendosi il motivo del mancato sviluppo della cultura fotografica in Italia. La storica ricnosce all’associazionismo fotografico un ruolo fondamentale e trainante negli anni in cui le istituzioni non sono state affatto promotrici nei confronti della fotografia.
L’argomento del collezionismo fotografico fa entrare il lettore ancor più nel vivo della questione. L’autrice considera l’atteggiamento delle istituzioni come una forma di vero e proprio ostruzionismo nei confronti della promozione della cultura fotografica; le istituzioni solo negli anni novanta acquisiscono delle collezioni fotografiche permanenti. Oltretutto questo boom di iniziative da parte delle istituzioni locali viene visto dalla Russo più come una moda che non come una vera attenzione alla fotografia.
L’ultimo capitolo sulla fotografia italiana degli anni Novanta costituisce per l’autrice un motivo per porsi delle domande, più che un tentativo di proporre un excursus storico. L’unico punto fermo su cui la Russo pare intenzionata a non transigere è che, senza un’adeguata sensibilità e impegno delle istituzioni, la cultura fotografica non riuscirà mai a dispiegarsi veramente in Italia e si perderà così la possibilità di conoscere una porzione molto importante della storia del nostro paese.