Praga, poesia che scompare – Milan Kundera

Titolo: Praga, poesia che scompare
Data di pubbl.: 2024
Traduttore: Giorgio Pinotti
Pagine: 102
Prezzo: €12,00

La scrittura disincantata di Milan Kundera in Praga, poesia che scompare seduce e punge.

I due testi brevi raccolti in questo volume sono usciti su Le Débat nel 1980 e 1985.

Kundera scrittore europeo che scrive di Praga, che non era una città provinciale ma cosmopolita prima di essere stuprata dall’universo totalitario con l’invasione russa del 1968.

L’invasione russa, scrive Kundera, ha spazzato via la generazione degli anni Sessanta, e insieme tutta la cultura moderna che l’ha preceduta.

«I nostri libri sono rinchiusi negli stessi sotterranei dove giacciono quelli di Franz Kafka o dei surrealisti cechi. I vivi cui hanno inflitto la morte giacciono accanto ai morti cui è stata inflitta una seconda morte».

Così a Praga scomparirono i diritti democratici e scomparì l’immagine della città vista come capitale magica.

Con molta nostalgia lo scrittore boemo parla di Praga come centro drammatico e dolente del destino occidentale, di Praga che si allontana lentamente nelle nebbie dell’Europa dell’Est cui non ha mai appartenuto.

«La cultura a Praga è antica come l’Occidente stesso», annota Kundera quando ricorda come la città fu uno dei centri più dinamici del pensiero e della sensibilità moderni.

Strutturalismo, modernismo, cubismo, queste ed altre tendenze culturali a Praga hanno vissuto un periodo rigoglioso. La città in un certo senso nella cultura europea ha rappresentato l’essenza del modernismo.

Poi è arrivata l’invasione della Cecoslovacchia, che, secondo Kundera, ha rappresentato non soltanto la vittoria del comunismo dogmatico sul comunismo liberale, ma anche la definitiva annessione di un paese occidentale da parte del totalitarismo russo.

Comincia così la regressione. A Praga non sono scomparsi solo i diritti dell’uomo, la democrazia, la giustizia. Ma un’intera grande cultura e la città diventa un foglio di carta in fiamme dove scompare la poesia.

Parole pesanti e dure queste di Milan Kundera che non perde mai la sua lucida capacità di analisi.

Molto interessante Ottantanove parole, in cui Kundera ci conduce nel suo laboratorio di scrittura mettendo nero su bianco le parole chiave del suo modo di essere scrittore.

L’arte del romanzo secondo Kundera dalla A alla Z in un piccolo e essenziale sillabario in cui possiamo leggere le voci più care allo scrittore.

Da Aforisma («L’aforisma: la forma poetica della definizione») a Bellezza («Bellezza, l’ultima possibile vittoria dell’uomo che non ha più speranza), passando per Comico («Il comico è più crudele: ci rivela l’insignificanza di tutto») a Europa («Credo però di sapere che la cultura ha ceduto il posto. Così l’immagine dell’identità europea si allontana nel passato. Europeo, colui che ha nostalgia dell’Europa).

In Praga, poesia che scompare troviamo non solo un grande Kundera, ma anche la nostalgia per un mondo perduto in cui tutto sta svanendo ( e assistiamo anche alla fine della letteratura e dell’uomo), senza che nessuno se ne accorga.

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