Cosa rende memorabile un romanzo o un film?
Mi sono interrogata spesso. E le riflessioni fatte sono state uno dei principali stimoli alla mia creatività: è proprio per rispondere a questa domanda che ho iniziato a scrivere.
Sono convinta che ciò che connota un romanzo non sia la trama, ma il modo in cui i personaggi (inventati dalla mente dell’autore) riescono a esprimerla. La storia acquisisce significato solo se i protagonisti hanno l’intensità necessaria per coinvolgere il lettore.
Così, la costruzione dei personaggi per me si è trasformata nel momento più importante della stesura di un libro. I miei protagonisti non sono solo i pilastri su cui si basa la narrazione, ma vivono oltre la narrazione stessa.
Dedico ore alla ricerca del nome giusto. Senza un nome, nessuna cosa esiste. Il nome identifica il soggetto e, attraverso il suono, la lunghezza, le lettere da cui è composto e le assonanze che crea, suscita sensazioni. Alcune volte mi faccio ispirare da lingue e culture diverse, altre dalla mitologia, e altre ancora mi lascio guidare dall’immaginazione: unisco parole o parti di esse, aggiungo, tolgo o cambio le lettere finché non trovo il nome che mi convince per rafforzare la personalità che ho in mente.
Dopo aver battezzato il personaggio, inizio a “disegnargli” la vita.
Passo molto tempo a osservare la gente che mi circonda: gli amici che frequento, persone che conosco appena e, soprattutto, chi incontro per caso al ristorante, in aeroporto, sul treno, in coda alla cassa del supermercato. Ognuno di loro ha qualcosa che lo caratterizza: un dettaglio fisico, la pronuncia, una parola che ripete senza accorgersene, movimenti inconsulti, sguardi o espressioni che esprimono lo stato d’animo di quell’istante o di tutta l’esistenza. Ognuno di loro ha un passato, una quotidianità da affrontare tra problemi, gioie, esperienze, ansie e delusioni, e un futuro alimentato dalle aspettative più disparate. Ognuno di loro è mosso da qualcosa e ha sogni inconfessati. Traggo spunti guardandomi intorno perché non c’è fiction migliore di quella in cui siamo abituati a muoverci.
Rivolgo un’attenzione particolare all’ideazione dei “cattivi”. Il male può essere affascinante e nei miei romanzi gli antagonisti sono sagaci, brillanti. Hanno uno spessore intellettivo notevole perché devono essere degni rivali. È la loro crudeltà a far apprezzare al lettore i valori trasmessi dai protagonisti positivi.
Mi piace dare un volto anche alle “comparse” che appaiono solo per qualche riga, come il barista, l’agente dietro la scrivania, il conducente del taxi, l’infermiera di turno. Sebbene siano figure di contorno, penso che caratterizzarle arricchisca il contesto e dia qualità alla scena.
Per dirla in altre parole, i personaggi dei miei scritti sono l’essenza della storia. Non sono mai finalizzati alla trama del libro, ma li immagino come se esistessero davvero. Ne approfondisco gusti, abitudini, manie… ogni sfumatura da cui può scaturire un atteggiamento. E la parte che li vede protagonisti nel romanzo è il punto a cui li conduce la strada che hanno imboccato, la scelta che hanno fatto, o il destino. E in quel punto incontrano il lettore, comunicano con lui, accendono emozioni e lo trascinano dentro gli eventi, portandolo ad amare, soffrire e lottare insieme a loro.
Elisabetta Cametti è nata nel 1970 in una piccola località ai piedi del Monte Rosa. Si è laureata in Economia e Commercio e ha intrapreso la strada del marketing. Nel ruolo di direttore generale ha guidato la divisione collezionabili di DeAgostini, e ora viaggia tra Milano e Londra per Eaglemoss, uno dei più importanti gruppi internazionali nel settore dei prodotti editoriali collezionabili.
Dopo circa vent’anni di esperienza in grandi multinazionali, ha scelto di dare spazio alla sua passione di sempre: scrivere.
K – I Guardiani della Storia è il suo romanzo di esordio.