L’ElzeMìro – Mille+infinito – Déjà-vu

Cerca di raffigurarti questo quadretto estivo : villaggio austriaco, nel salisburghese, lago di fondo valle, montagne intorno, possibilità che un treno fischi ogni tanto molto sullo sfondo e giusto per ricordare che la rivoluzione industriale è avvenuta e passata ; rigoglio di fiori di stagione a piacere, ma con i segni di una sofferenza idrica ben nascosta da annaffiature di salvataggio e quasi quasi selvagge ; terrazza a lago di pensione a conduzione famigliare, ora di colazione molto mattiniera, esterno giorno, oggi. Poni un pensionato d’Italia benestante, metti briantèo o bresciano o di Monzambano e configuratelo : per medico di successo, ex clinica privata, magari maniaco del festival salzburgico d’estate, e prova ad incollargli addosso l’idea che sia di quelli con il vizio o il vezzo di  ammaestrare tutti su tutto ; sono non così tanti ; pontificare fuori dal proprio o dai due o tre ambiti propri e plausibili, la pesca a mosca per dirne uno o la storia del mondo in digest, bè è un mestiere. Potrebbe anche essere di quei che amano persino farsi credere amabili gingilli, invecchiati con il disturbo della saggezza popolare in corpo – sai, modi di dire per sbrigare qualsiasi matassa, un tocco dialettale, argomentazioni basate sulla proverbialità dei proverbi – potrebbe essere così, non è detto ma non c’è limite alle fantasie con cui si può costruire e vestire un personaggio. Il pensionato è nonno di un nipote cui, in questo incipit, sta spiegando, ma al piccolo bada che nun je ne può ‘mporta’ dde meno, ch’ai suoi tempi i garzoni dei barbieri – ai suoi tempi i barbieri tenevano garzoni di sicuro male o per niente pagati – e blà blà blà che i garzoni, i barbieri li addestravano all’uso del rasoio su palloncini insaponati prima che su facce umane ; alla minima inesattezza il palloncino bum e via sapone in schiuma addosso al malaccorto giovane. Arricchisci il quadro con una parentesi sovraestesa circa il maneggio, l’affilatura, le marche e la provenienza delle lame preposte e concluderai che il nonno ha l’aria beata di chi non crede alla propria inattualità e non lo sa e anzi si è fatto persuaso di stare con costanza all’ora giusta nel posto giusto, il proprio cioè. Inoltre, zàcchette in medias res, il nonno è fresco di rasoio : ama infatti la lama del barbiere invece del suo usa-e-getta del super e anzi, e in villeggiatura soprattutto, al nonnino piace scovare una bottega dove accomodarsi al godimento del lasciarsi fare : è la sua visione che lui dice spirituale della vita e che a questo lo muove ; questa volta ha chiesto ed ottenuto che il barbiere del paesino di Waldbach (ruscèl di bòsco), un gigante di stazza e abito assi poco latini, poco austriaci, un emigrato cirillico assai, sia venuto a raderlo lì sulla terrazza delle pensione Schatz ( tesoro, amore, baby); ha appena rifinito il mento del nonno, gli ha anche ripulito la nuca da una peluria in soprannumero, ha preso i 25 euro del servizio a domicilio e se n’è andato come se si fosse appena cimentato su un palloncino di successo ; per il nonno adesso il resto è una colazione eterodossa con pane nero, uova strapazzate, salsiccia e patate al prezzemolo ovvero saltate in padella nel burro e che il nonno si gusta in deroga a piaceri più consoni al suo quotidiano di frollini nel caffelatte. Il nipote invece, è impegnato a intingere uno dopo l’altro in un’enorme tazza di caffelatte appunto, ma dei cicciuti croissant spalmati di burro giallo e miele e confettura di albicocche, Aprikosen, Aprikosen home made. gli ha detto per due volte la piccola signorina Ursula Schatz con l’occhio lungo di decenne curiosa del decenne signorinello pallido al suo primo sorriso estero e al suo primo giorno di vacanza col nonno. Ecco. Questo il setting da prima colazione con barbiere sulla terrazza a lago della pensione per famiglie, Familie Schatz (famiglia tesorino) le donne di casa tutte in Dirndl dall’alba a fine sera in riva al loro laghetto. Un laghetto piccino e prealpino o alpino, ex glaciale a guardare la somma delle somme di monti nei quali è incastrato come uno smeraldino ; in quel momento somiglia a uno specchio da bagno che fosse colpito in pieno da un proiettore da stadio, ovvero il sole che sorge libero e giocando da est, come di consueto. Il giovane Schatz, con indosso i suoi consonanti Lederhosen è appena sfilato sotto il naso del nonno con un’enorme trota, Caught it myself a minute ago, e la sta proponendo per pranzo al nonno, Yum yummy yes yes, gli dice il nonno e un po’ di sugo di salsiccia gli sbrodola per sbaglio sul tovagliolo indossato, per fortuna, a bavagliuolo. Tant’è. In riva, sulla spiaggetta riservata tra due file interrotte di canoe pronte per l’alaggio e il breve attracco della pensione, privato quello, c’è già a quell’ora incauta il lattiginoso maschio di una coppia ortodossa di lattiginosi che, un passo barullante dopo l’altro dei piedi sui ciottoli del fondo, crede di poter affrontare l’acqua raggelante del laghetto e la sua pittoresca insidia ; hah hah il bischero infine si butta tra spruzzi e affanni e stronfi da facocero e un certo numero di disordinate bracciate, Uh Jesus, raglia, e poi via via via, tornare a riva disorientato dall’abbraccio di un acqua al coltello, It’s frozing my gosh, grida alla rossina con punteggiata di lentiggini tutta la pelle color latte sgrassato non coperta dal bikini verde fluo ; il frozing freezing capace che riproverà più tardi quando il sole avrà scaldato le acque e, forse che sì forse che no, il particolato di sassi che costituisce la piccola spiaggia della pensione.

Qualche informazione turistica accessoria : il lago è una lingua d’acqua oblunga di circa quattro chilometri, forse cinque, e larga un po’ meno di un chilometro lì dove sta affacciata la pensione Tesorino, Schatz, della Familie Schatz, detentrice fin dal primo mattino di ogni primato in un campionato locale del sorriso. Sulla riva di fronte, e giusto in vista della pensione c’è che protrude nell’acqua del lago, una rocca di roccia alta che domina l’onde dall’alto dei suoi chissà quanti forse venticinque metri ; dritta e liscia e a piombo nell’acqua e irta in cima di abeti folti. C’è anche una specie di terrazza naturale lì tra gli abeti e c’è qualcuno, ma è proprio una ragazza la che sorge in vetta al monte, con le gambe, nude dai sandali in su fino ai pantaloncini, penzoloni nel vuoto. Dal momento che un sentiero, una passeggiata giro giro il lago vi conduce, questo scoglio gigante è un elemento del paesaggio che il nipote con le gote gonfie di croissant ti assicuro sta riflettendo di esplorare il più presto possibile. Il ragazzino non è stato ancora toccato da noiose fantasie erotiche, intriganti finché sono fantasie poi si sa la realtà  ch’è un bagno tiepido ; è probabile anzi certo che una roccia come quella abbia attivato le sue fantasticherie di castelli e di maghi, di draghi alati, di guerra tutto nella loro versione fantasy. Di elfi ed elfe.

Però qualcosa di mai visto prima, improvviso e inusitato, attira l’occhio del piccolo nipote ma senza distoglierlo dall’impippiarsi di croissant e dell’ottima marmellata di albicocche, Aprikosen home made : è comparso nell’acqua un barchino a vela. Punto primo la vela è la presentificazione del mistero perché se il vento è evidente che soffia da destra, sud ovest, evidente allo stesso modo è che il barchino veleggia da sinistra, nord est con la vela gonfia. Punto secondo è che il barchino si è per così dire materializzato nel campo visivo del ragazzino, con quel vento improvviso e come per lo stesso trucco che in tempi andati in un film muto faceva apparire o scomparire un personaggio o un oggetto da una scena dove prima non c’era ; era una magheria non sto a raccontarti quanto semplice da realizzare per quei cinematografari antichi, incantatori di folle. Il barchino è apparso dunque : un istante prima non c’era e ora, un istante dopo eccolo. Uno stupore dello stesso tipo di quello cinematografico ha colto più o meno il ragazzino con il suo quarto croissant macinato in bocca. Un tipo di vecchio più vecchio del nonno è il nocchiero che governa la vela e il timone ; per quel che si può vedere indossa una camicia Feldgrau, ossia grigioverde. Lo stupore è infantile e ben motivato e non riguarda il Feldgrau che al ragazzino non pare diverso da quello degli stivaloni waders da pesca a mosca del nonno. Un’osservazione però la fa il ragazzino che intanto ha finito di bere il caffellatte dal suo tazzone, decorato a fiorellini e ormai non più fumante ; l’osservazione è che la postura e l’atteggiamento tra il solenne e il rigido del nocchiero, tu diresti subito militaresco, suggeriscono al ragazzino un’altra parola : Destino. Da pensare con la maiuscola. Si tratta di un’associazione libera e si escluda che il ragazzino sappia di che si tratta : l’ha fatta, forse a memoria, e va bene così, magari ha appena letto o sta leggendo, se legge, uno dei mille volumi della saga di Harry Potter. Di sicuro probabile c’è che il confronto tra il clima generale del lago in quella mattinata di sole e vento improvviso e la comparsa, il materializzarsi del barchino in volo a vela, gli ha suggerito – come succede ai poeti che le parole gli si suggeriscano e non si sa perché : dicevano gli antichi essere un vezzo degli dèi, questi spiritosi, quello di bisbigliare parole adatte e rime e ritmi – gli ha suggerito o bisbigliato quella maiuscola : Destino. Peraltro il nonno beato a sorseggiare adesso una birretta leggera, non dà segno di avere cognizione di quanto accade sul lago, del barchino che veleggia agile e che schiva adesso un altro natante, un motoscafo a motore che non fa rumore ed è perciò elettrico. Un ron ron ron con al placido timone due giovani a torso nudo, abbronzati, occhiali neri di foggia non convenzionale e pantaloncini Feldgrau. Una zattera di legno, un ben costruito pontile flottante e ancorato al fondo e con persino una scaletta per salirne a bordo e stendersi così colà dove si vuole al sole, sta al centro del lago, più o meno a metà strada tra il punto di osservazione della terrazza a lago e la roccia rocca sull’acqua. Il motoscafino elettrico vi si accosta e ormeggia, i giovani vi sbarcano, si cavano i pantaloncini e si stendono nudi sul tavolato ondeggiante.

Ed ecco un fatto del tutto inspiegabile agli occhi del ragazzino : nella stradetta che costeggia il giardino allato della terrazza delimitato da un basso muro che non impedisce la vista sulla stradetta stessa, arriva lento ma marciando un drappello stracco di pochi uomini pungolati da altri tre, no quattro, tutti in Feldgrau e armati di fucili questi ultimi. Ma se questi  armati indossano un abito che ricorda una divisa, gli altri ohibò, quei disarmati, sono coperti di cenci  più che di vestiti. Uno di loro, vestito dei resti di un frack da concerto, li precede suonando col suo violino un motivo sferzante, di marcia, una marcia diabolica. Vabbè, il drappello percorre la stradetta ed è evidente al ragazzino che nessuno intorno a lui sembra farci caso, né tra il personale indaffarato della Pension Schatz né tra i villeggianti desti ora sui loro pigri breakfast, sui tè col latte e sul caffè, sulle fette di pane spalmate di formaggino cremoso, sulle confetture di Aprikosen. Il drappello scompagnato passa e va e scompare alla vista dietro l’edificio della pensione. Solo il suono del violino arriva alle orecchie del ragazzino ma sempre più attutito, poi nulla. Passato poco tempo il ragazzino rintraccia tutto il gruppo, non lo vede arrivare, ma lo vede quando già è radunato sulla spiaggia libera del paese, una striscia non corta di sabbia grossolana ma sabbia e poco lontana forse a cinquecento metri dalla pensione ; sparuti villeggianti rossi di sole hanno già preso posto intorno, qua e là in disordine, ma non sembra stiano facendo caso al gruppetto di  uomini, i con e i senza fucile, anzi si è aperto qualche ombrellone. Dal modo con cui si muovono si potrebbe dire che gli uomini senza fucile sono costretti a spogliarsi e a ordinare quei loro stracci in bell’ordine sulla spiaggia con le canne dei fucili puntate su di loro. Ed ecco che uno dopo l’altro al comando, hop hop hopla hop uno dopo l’altro gli uomini  ormai denudati si buttano in acqua e nuotano a caso ma quasi tutti verso il centro del lago, col desiderio di anatre starnate. Così i fucili cominciano a sparare verso di loro e si vede che chi in un momento chi in un altro  quasi tutti vengono colpiti, si ribaltano e affondano. Tranne due che con bracciate possenti e uno sforzarsi nell’acqua a zig zag riescono a raggiungere la piattaforma in mezzo al lago e a mettersi al riparo dietro. I ragazzi nudi che vi stavano sopra stesi, si sono levati per osservare la sparatoria ed ora ingaggiano una lotta per ricacciare a pedate in capo i fuggiaschi nuotatori. Ma senza successo. Poco dopo, il ragazzino vede le teste senza berretta ricomparire a una distanza notevole dalla zattera : chiaro che hanno fatto un bel pezzo di nuoto in apnea e via sott’acqua. Sono ormai lontani e dalla zattera e dalla riva da dove si spara ancora ma ormai i due sono fuori dalla portata dei fucili e i ragazzi nudi pare proprio che non abbiano voglia di inseguirli a nuoto. Finalmente i due nuotatori fuggitivi scompaiono del tutto alla vista proprio alla base dell’alta roccia in un folto di canne.

È appena o poco più che un’impressione tutto quanto detto. Forse quello che si chiama déjà-vu. Bon bon. Il ragazzino dice al nonno che andrà in camera sua a prendere i suoi bastoncini da passeggiata  e il suo zainetto. Alla domanda del nonno, E poi, si sente che risponde, Vado fino a quella roccia laggiù. Stai attento, dice il nonno. A che cosa non si sa.

Pasquale D'Ascola

P. E. G. D’Ascola Ha insegnato per 35 anni recitazione al Conservatorio di Milano. Ha scritto e adattato moltissimi lavori per la scena e per la radio e opere con musica allestite al Conservatorio di Milano: Le rovine di Violetta, Idillio d’amore tra pastori, riscrittura quet’ultima della Beggar’s opera di John Gay, Auto sacramental e Il Circo delle fanciulle. Suoi due volumi di racconti, Bambino Arturo e I 25 racconti della signorina Conti, e i romanzi Cecchelin e Cyrano e Assedio ed Esilio, editato anche in spagnolo da Orizzonte atlantico. Sue anche due recenti sillogi liriche Funerali atipici e Ostensioni. Da molti anni scrive nella sezione L’ElzeMìro-Spazi di questa rivista  sezione nella quale da ultimo è apparsa la raccolta Dopomezzanotte ed è in corso di comparizione oggi, Mille+Infinito

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