
Autore: Ellen Umansky
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: Newton Compton Editori
Genere: Romanzo
Traduttore: Adriana Cicalese
Pagine: 349
Prezzo: 10
“Perché é un cazzo di Manet! Perché é uno dei maestri dell’arte mondiale!… E poi é morto, quindi non può fare altri capolavori, il che vuol dire che il suo valore é destinato a salire“. (p. 69)
Cosa ci può essere in comune tra un’anziana signora di 70 anni di origini austriache e una donna americana di 38 anni di Los Angeles? Rose Zimmer durante la seconda guerra mondiale è solo una bambina e viene mandata in Inghilterra per sfuggire ai tedeschi che hanno invaso Vienna e depredato tutte le bellezze della città. Tra le cose rubate in casa sua c’è un quadro a cui lei e la sua famiglia sono molto legati: il Fattorino, dipinto da Chaim Soutine, impressionista simile a Modigliani, che ritrae un uomo giovane in divisa rossa con i bottoni dorati; il volto e gli arti sono allungati, le orecchie elefantiache. Il naso storto, una postura goffa e la testa grande rispetto al collo. I colori sono incredibili e cambiano a seconda della distanza di osservazione.
Negli anni successivi anni il quadro arriva in America dove viene acquistato dal padre di Lizzie Goldestein in California e anch’essa si innamora perdutamente del Fattorino, che purtroppo verrà nuovamente rubato.
Durante il funerale del padre di Lizzie, morto per cause naturali, le due donne fanno conoscenza, parlano del quadro e scoprono di avere diverse cose in comune. Tra loro nasce un’amicizia e una complicità inaspettata, ma sarà destinata a finire a causa di una scomoda verità che il fattorino si porta dietro da anni.
“Che ne sai tu della volatilità del mercato dell’arte? … E comunque nulla é solo interessante. Le cose sono irritanti o meravigliose, stupide o piacevoli, affascinanti, belle o terribili. Cosa intendi per interessante?” (p. 203)
La ragazza del dipinto rappresenta un viaggio tra passato e futuro, in cui due generazioni completamente diverse tra loro convergono verso un denominatore comune: il dolore della perdita. Il romanzo è scritto proprio come un pittore dipinge un quadro: una pennellata per volta. Il Fattorino di Soutine infatti compare raramente nei primi capitoli quasi a fare da cornice al dramma del lutto e della guerra; con il passare del tempo e dei capitoli diventa invece protagonista indiscusso, mostrando la forza profonda dell’arte.
” Non c’é nulla di garantito. L’arte é arte. Deve essere qualcosa che ti piace. Come quel Soutine” (p. 69)
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