Data di pubbl.: 2023
Pagine: 420
Prezzo: € 16,99
Il ramo di Giuda è un libro davvero straordinario e difficilmente paragonabile ad altri dello stesso genere, se per genere intendiamo i gialli storici con risvolti filosofico-esoterici. Prima di tutto è molto ben documentato. È innegabile che Carlo Animato, da vero cultore e studioso “di antiche civiltà e discipline ermetiche” – quale egli stesso si professa nelle note biografiche conclusive – ha messo la propria anima e le molte conoscenze acquisite negli anni al servizio della storia. E poi è pieno di una sottile, meravigliosa ironia e di luoghi incantevoli o spaventosi attraverso i quali l’azione si muove di continuo per la delizia del lettore.
Tre momenti temporali si alternano, almeno nella prima parte: la Galilea dell’Anno del Signore 33, la città di Lione e zone limitrofe nel 1692 – siamo nel regno di Luigi XIV, il Re Sole -, Napoli e Roma con una breve puntata a Canterbury (Inghilterra) nel 2014.
Al centro del racconto un disperato tentativo di recupero di un legno rossastro a forma di ypsilon, una bacchetta all’apparenza da rabdomante, in realtà dotata di poteri speciali, quali quello di trovare i delinquenti, se messa nelle giuste mani. Bacchetta di antichissima creazione poiché generata al tempo del suicidio di Giuda Iscariota considerato dalla Chiesa Cattolica il traditore di Cristo, dalla setta dei Cainiti, invece, una specie di santo del quale recuperare quest’unica, potente reliquia:
“Questo legno merita di venir tramandato, quale testimonianza della morte ingiusta di un uomo giusto. Del migliore degli apostoli. Del più ispirato fra gli uomini dal tempo di nostro padre Caino». (P. 22)
A cercarla, a seguito dell’omicidio del gesuita padre Martin de Murua che aveva speso anni nel tentativo di localizzarla e recuperarla, sono l’odierno capo dei Cainiti Monsignor Lisai e i suoi sgherri – i cattivi assetati di potere della storia -; padre Luca Giuliano, gesuita e collega di Murua, la sorella di Luca, Vittoria e il fidanzato Lorenzo Gallicchio, bibliografo e storico, coadiuvati dall’amico informatico Franco.
Ma la narrazione si muove, come dicevamo, in altri due momenti storici. Illuminante quello del 1692 a Lione, ultima traccia della presenza della bacchetta in un luogo e in mani precise, quelle del muratore Jacques Aymar che l’ha ribattezzata Sanguinaria e la utilizza con successo per scovare, in questo caso, i ladri e assassini a colpi di roncola di un ciabattino e della moglie. Con tale successo che il principe di Condé – cainita del tempo – riesce con la forza e l’inganno a portargliela via. E poi? La storia continua e s’ingarbuglia e il racconto dei nostri giorni, partito dalla Napoli di San Gregorio Armeno con Vittoria e Lorenzo nel negozio di presepi del Cav. Sgueglia, a Napoli torna con pagine divertenti, talvolta amare, ma di sicuro sapienti e coinvolgenti fino al giusto e imprevedibile finale.
Un libro scritto in modo magistrale, da leggere con il brivido dei molti colpi di scena e con il piacere di una singolare e continua scoperta.
Con un grazie di cuore alla casa editrice Il vento antico.