Autore: Valeria Montaldi
Casa Editrice: Edizioni Piemme
Genere: Narrativa
Pagine: 384
Prezzo: Euro 18,90
“E’ un rischio, ma sento di doverlo correre…”
Valeria Montaldi ci invita a leggere il suo nuovo libro “Il pane del diavolo”, dal titolo accattivante, ambientato in ben due epoche, la prima affascinante quanto i luoghi dove nasce la storia, la seconda dove gli eventi avranno, forse, il loro compimento, culla di misteri quanto la prima.
Tutto nasce in Valle d’Aosta verso la fine del Medioevo, all’interno di un castello bellissimo che dopo aver letto il romanzo sicuramente io tornerò a visitare con un motivo in più: il castello di Fénis.
Amedeo, primo duca di Savoia lo abita con tutto il suo seguito, e soprattutto lo rende spesso vivo con banchetti e convivi di personaggi del suo rango, allietandoli con una cucina raffinatissima e sovrabbondante, gestita dal maestro di cucina Chiquart coadiuvato per ragioni contingenti e non certo perché apprezzata, nientemeno che da una donna, e come se non bastasse, saracena.
In un’epoca come sappiamo molto buia per tanti aspetti, uno di questi è il triste rapporto tra uomo padrone insensibile e donna serva sottomessa e valorizzata quanto un utensile che il maestro Chiquart usa nella sua cucina e forse meno. Ma…
Ad intervalli regolari l’autrice ci svela una storia successiva di parecchi anni a quella di Amedeo di Savoia, ma ambientata nella stessa Valle d’Aosta, ai giorni nostri, all’interno di una famiglia che gestisce un ristorante stellato. L’alternanza delle due storie è davvero piacevole e stimola la ricerca e l’attesa di un trait d’union. Ci sarà, e cosa o chi eventualmente sarà, è compito e piacere del lettore scoprirlo.
Ma torniamo nello spirito di alternanza che abita il romanzo, al Medioevo. Sembra che si viva di lauti pasti, del pensarli e prepararli, dell’acquisto della merce e dell’analisi accurata delle ricette: una in particolare, ma non la sola sulla quale Marion, aiutante del maestro di cucina, allunga il suo sguardo attento e applica il suo ingegno imprevedibile. E così, grazie a chi sembra contare meno nel contesto del tempo e non solo di allora, se ne vedranno di tutti i colori e per tutti i palati.
E così accade pure nell’era moderna. L’atteggiamento nei confronti delle donne non è purtroppo cambiato, e le donne non si sono certo arrese, anzi. Randisi e Lucchese, uomo e donna, funzionari dei carabinieri di Aosta dovranno impegnarsi molto per risolvere una tragica questione, senza sapere che forse ne risolveranno due.
Insomma c’è da divertirsi e passare bei momenti, passando da un’era all’altra, ma rimanendo quasi nello stesso luogo. “Il pane del diavolo” è un romanzo che appassionerà schiere diverse di lettori.
La scrittura di Valeria Montaldi secondo me è precisa, fondata sulla cura attentissima dei particolari, sulle descrizioni dei luoghi. sulla resa di profumi colori e rumori così aderente alla realtà, da trasferirci con la mente sul ponte levatoio del castello in attesa di entrare al banchetto, o nella stanza di Marion, immaginando di chiudere con le proprie mani la porta di legno, e inciampare sul letto facendo un rumore del diavolo. Ma l’aspetto più interessante di tutto il romanzo, rimanendo in tema di scrittura e struttura del libro stesso è l’evoluzione della figura femminile da Marion, alla Lucchese compagna di lavoro del commissario Randisi, e fino alle protagoniste di quanto accade nel ristorante stellato, un percorso di crescita continua. Ultima cosa: un consiglio. Il romanzo è contiene bugie, disseminate ovunque, fate attenzione, non fatevi incastrare. Succedeva nel Medioevo e anche oggi, forse anche di più.
Buona lettura e buon appetito.
“Nel silenzio, il ronzio delle api era l’unico suono, l’aria profumava di terra e di erba. Una farfalla bianca le volteggiò intorno, si posò sulla punta del suo zoccolo e per un lungo istante rimase immobile. Poi dispiegò le ali e volò via. Marion la guardò scomparire fra le foglie del pergolato. Libera, si disse, come vorrei essere io.
Il rintocco di una campana echeggiò per la vallata. Marion si voltò e tornò sui propri passi.”