Doctor Sleep – Stephen King

Titolo: Doctor sleep
Autore: King Stephen
Casa Editrice: Sperling & Kupfer
Genere: fantastico-horror
Traduttore: G. Arduino
Pagine: 516
Prezzo: 19.90 €

Stephen King ha scritto, ad oggi, circa ottanta libri. Io ne possiedo quarantatré, ma (merito degli amici e delle biblioteche) ne ho letti almeno quindici in più. Ho iniziato a farlo a dodici anni e non mi sono più fermata. Neanche quando ho finito un libro sbuffando, neanche quando ha riempito di incubi i miei sogni, neanche quando non ha smesso di scrivere e avrebbe dovuto. Perché, anche se è innegabile, nel King maturo manca l’urgenza che caratterizzava la sua prima scrittura, rimane sempre la possibilità che riesca a stupire. Ed è una possibilità che si verifica. È successo qualche anno fa con 22/11/63 e di nuovo, adesso, con Doctor Sleep.

Forse non c’è bisogno di dirvi che Doctor Sleep è il seguito di Shining, che raccoglie pochi episodi dell’infanzia di Danny post Overlook e riprende poi a raccontare quando, adulto e ormai orfano di entrambi i genitori, è vittima dello stesso demone che aveva posseduto suo padre: l’alcol. Come in Shining, il motivo centrale del romanzo è la necessità (e la difficoltà) di accettare e il dono e la diversità dello shining, la luccicanza, che non lo ha abbandonato neanche in età matura.

Da quella storia ambientata sulle montagne del Colorado sono passati quasi quarant’anni. Dietro alla macchina da scrivere (anche se ormai si tratta di un computer di ultima generazione, quella rimane sempre la sua funzione principale: scrivere), immerso nella musica rock e con una porta chiusa alle spalle c’è un uomo diverso. Un uomo che ha guardato la morte in faccia oltre ad averla descritta tante volte, che è riuscito a trascinarsi fuori dalla paralisi aggrappandosi alla scrittura come a un picchetto fissato sulla montagna, unico appiglio rimasto e che, forse, dalla scrittura aveva bisogno di anche di un altro conforto.

C’è un motivo se Stephen King, che si è sempre detto contrario ai sequel, ha ripreso in mano proprio questa storia. Così come non è un caso se l’autore è sempre stato tanto critico nei confronti del film di Stanley Kubrick (non rinunciando alla tentazione di criticarlo neanche fra le pagine dello stesso Doctor Sleep).

Dan e Jack Torrance sono, in realtà, due facce dello stesso uomo, e quell’uomo è Stephen King. Non dico niente di nuovo: l’autore stesso ha dichiarato spesso, e senza vergogna, che il guardiano dell’Overlook Hotel è forse il personaggio più autobiografico ad essere mai uscito dalla sua penna.

Ad avvicinarlo a Jack Torrance nei tardi anni ’70 era la dipendenza dall’alcol. A dar forma alla versione adulta di Danny, oggi, è l’impronta di un uomo che si è liberato dal suo demone ma non l’ha dimenticato. Che forse, come già in passato, ha bisogno di far passare le esperienze attraverso la scrittura per metabolizzarle davvero.

Altri critici, ben più conosciuti di me, hanno messo in luce come Doctor Sleep sia una dichiarazione d’amore agli Alcolisti Anonimi. Vorrei spingermi un po’ più in là (giusto un passo in più) e sostenere che l’intero libro, spogliato come di dovere dalla luccicanza e dagli anziani cannibali e da quanto altro ci sia di magico e sovrannaturale, gira attorno alla necessità del perdono e che la vera sfida, l’impresa compiuta da Dan (e da Stephen King) sia conquistare la capacità di perdonare sé stessi. Imparare a convivere con la consapevolezza di essere deboli, inclini agli errori, capaci di far del male alle persone attorno (in particolare a quelle che si amano). Responsabili delle proprie scelte, tutte, in qualsiasi stato (fisico o mentale) siano state fatte. In una sola parola: umani.

In questo senso Doctor Sleep è sì, veramente, il seguito di Shining.

 

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