A tu per tu con… Elda Lanza

Elda Lanza è stata la prima presentatrice della televisione italiana, ma non solo: ha sempre scritto e svolto numerosi lavori nel campo della comunicazione. Ad un certo punto della sua vita però si è anche scoperta scrittrice di romanzi e ha pubblicato due gialli per Salani: “Niente lacrime per la signorina Olga” e “Il matto affogato”. L’energia e la vitalità con cui ci parla della sua storia e dei suoi libri sono coinvolgenti.

Come avvenne il suo ingresso nella neonata televisione italiana?

Ero stata chiamata in Rai perché un dirigente, Attilio Spiller, aveva visto un mio articolo su Grazia e ne era rimasto colpito. Mi chiamarono per un provino e lui si aspettava, da uomo di spettacolo, una giornalista bella, alta, sofisticata.Io invece ero semplice, senza un briciolo di trucco, con un vestito a quadretti che mi aveva fatto mia mamma. Era il 26 giugno e faceva un caldo terribile. Sul volto di quell’uomo apparve la delusione . Cercai di conquistarlo con quello che sapevo fare: consulenza per i testi. Avrei dovuto scriverli per una donna bellissima da mettere davanti allo schermo. Senonché Franco Enriquez, invece, fu colpito dalla mia voce e mi mise di fronte alla telecamera per 14 provini. Poi andò in onda la prima trasmissione della tv italiana con la mia faccia: era il 1954.

Cosa può dirci di due grandi incontri, quelli con Wojtyla e Pertini?

Il mio contatto fu di lavoro, andai da loro in quanto ufficio stampa di grandi aziende. La comunicazione d’impresa era un lavoro che non esisteva e che io mi ero inventata. Di Wojtyla ricordo che era ironico e di Pertini, che era socialista come me, ho in mente una battuta. Mangiammo insieme una mela e quando gli chiesi di Craxi mi disse: “Vuoi mandarmela di traverso?” Furono due momenti di grande soddisfazione per il mio lavoro e per la mia vita.

Parlando della sua formazione lei è stata allieva di Sartre…

In realtà ero iscritta a filosofia a Torino e il mio professore, che era Nicola Abbagnano, mi parlò di Sartre con un certo scetticismo peraltro, creando però in me un grande curiosità. Così mollai la facoltà e mi iscrissi alla Sorbona. Sartre era professore di psicosociologia: era un uomo singolare, all’apparenza per nulla attraente. Aveva la sigaretta sempre in bocca e scriveva dovunque: era davvero maniaco! Quando andavamo a fumare nel cortiletto veniva sempre con noi una signora molto antipatica che si chiamava Simone de Bouvoir e ci parlava del libro che stava scrivendo: “Il secondo sesso”. Quando lo lessi capii perché il padreterno mi aveva fatto donna e non albero o fiore: ero nata donna per capire e parlare alle donne.

Come vede la televisione di oggi?

È una domanda che mi fanno centinaia di volte e io rispondo con una metafora. La tv di una volta era un trenino che passava lentamente e caricava ciò che trovava. Chi poteva immaginare ad esempio che Dario Fo, con cui scherzavo tutti i giorni, sarebbe diventato un Premio Nobel? Oggi la tv è un macchinone supertecnologico che obbedisce a leggi di mercato. In questo modo non si può fare arte o cultura. È vero che abbiamo il telecomando per scegliere, ma in fondo c’è molta pigrizia mentale.

Quando ha iniziato a scrivere?

Io ho sempre scritto di tutto. A scuola ero la più brava nei temi e a nove anni ho vinto il secondo premio ad un concorso letterario nazionale sul risparmio. Nella mia adolescenza sono stata infelice e la scrittura era uno sfogo: la mia vita, la mia anima, la mia compagna. Ho iniziato poi a scrivere i romanzi a fumetti, cosa che non ho mai rinnegato, perché mi hanno insegnato moltissimo sulla sceneggiatura e i dialoghi. Ad esempio ho imparato a finire un capitolo lasciando qualcosa in sospeso per andare a quello successivo. Ho scritto poi anche qualche libro “serio”..

Come è nato il suo primo romanzo?

Ho iniziato per caso a pensare a questo personaggio, la signorina Olga, che moriva a pagina 2 e, cercando di capire cosa fosse successo, sono arrivata a pagina 412. L’editore poi mi ha detto che era un giallo, ma io non lo sapevo perché non ne avevo mai letto uno. Nella mia vita di bambina i gialli non c’erano, li leggeva solo il popolino. Io ho raccontato la storia come mi veniva. Col secondo libro invece mi sono inguaiata perchè ho fatto diventare il mio commissario un avvocato e non sapendo niente di legge ho dovuto chiedere consulenza.

Cosa ne pensa del fatto di essere stata definita una Camilleri in gonnella? 

Non ho mai letto nè Camilleri nè Simenon. Credo che tra me e Camilleri ci sia una discreta differenza. Innanzitutto io scrivo 400 pagine, lui un’ottantina; poi lui scrive il vero giallo all’italiana, dalla prima all’ultima riga. Il mio è un po’ più alla francese. Il giallo è un cordone che lega la storia: quando avrò finito il quarto capitolo della serie avrò raccontato Max Gilardi. Ho individuato questo personaggio che non assomiglia a nessuno. Mio figlio, che si chiama Massimo, è convinto che sia ispirato a lui, ma non è così . Innanzitutto volevo un cognome che non fosse né napoletano né settentrionale. Un giorno ho visto una pubblicità con questo cognome e mi suonava bene, poi ci ho abbinato Max. I nomi nascono così: bisogna metterli vicini ad altre parole e capire se ad orecchio stanno bene insieme. Io il mio personaggio me lo vedo così: con questo sguardo di traverso, capelli scuri e occhi azzurri, alto, come mio nonno che era siciliano di origine normanna. Il suo carattere è quello che avrei voluto avere se fossi stata maschio, con quelle debolezze, forze e pensieri e ogni tanto la capacità di lasciarsi andare. Insomma un tipo molto uomo con tutti i suoi difetti.

Qual è il suo rapporto con la lettura? 

Sono bulimica nella lettura e ho incominciato prestissimo in maniera sbagliata. Avevo una grande libreria in casa e mia nonna mi spronava, quando affrontavo un autore, a leggere tutto ciò che aveva scritto, così ho letto “L’idiota” a 11 anni. Ricordo titoli e autori ma a volte non il contenuto. Oggi per me è esattamente il contrario: non mi importa nulla del titolo e a volte nemmeno dello scrittore: mi importa ciò che un libro mi lascia dentro.Adesso in casa editrice mi obbligano anche a leggere tanti gialli, ma io li trovo noiosissimi! 

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