Data di pubbl.: 2025
Traduttore: Giovanni Agnoloni
Pagine: 332
Prezzo: € 18,00
Stig Dagerman è stato uno scrittore tormentato, un uomo in rivolta dilaniato dalla sua coscienza, uno scrittore malato del male di vivere.
Tutta la sua angoscia esistenziale prima che nei suoi romanzi la si trova ne Il nostro bisogno di consolazione, il libro – confessione in cui lo scrittore svedese fa i conti con tutti i suoi demoni in una discesa agli inferi che resta una delle testimonianze fondamentali della letteratura del Novecento.
«Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa. Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla terra da cui poter attirare l’attenzione di un dio».
Nell’incipit di Il nostro bisogno di consolazione si legge il dramma esistenziale di Dagerman in cui si leggono fra le righe i motivi del suo tormento interiore e del dramma finale del suicidio, con pose fine alla sua breve vita.
Leggere Dagerman per rendersi conto che tra le pieghe della nostra coscienza è nascosto in nostro modo inquieto di stare al mondo e tutto sembra non avere senso. Per questo si costruiscono ancora prigioni. Perché, scrive Dagerman, chi scrive prigioni si esprime meno bene di chi costruisce la libertà.
I suoi libri continuano a essere letti. In questi giorni è tornato in libreria anche L’isola dei condannati, il secondo romanzo di Dagerman da troppo tempo assente dalla scena editoriale. Lo ha pubblicato Ortica Editrice nella magnifica traduzione di Giovanni Agnoloni.
Tra i libri più tormentati e oscuri del grande scrittore svedese, questo romanzo è un’allegoria tremenda sull’insensatezza dell’esistenza, un libro – ferita, aperto sul nulla che assedia con l’orrore del suo vuoto questo nostro mondo senza salvezza.
Contorto, complicato, estremamente cerebrale, di difficile e complessa lettura, L’isola dei condannati è il romanzo più ambizioso dello scrittore svedese che in queste pagine non scommette sulla linearità che troveremo negli altri libri. L’autore non concede nessuna forma di raziocinio alla struttura del romanzo, anzi al contrario sceglie una scrittura delirante e infernale, sempre tesa come una corda estrema che si spezza.
Su un’isola deserta sette naufraghi costretti e appunto condannati a questa condizione di pericoloso disagio, feriti nel corpo e nello spirito cercano di sopravvivere essendo consapevoli di aspettare la morte.
Dagerman attraverso i naufraghi mostra il suo mondo interiore, che è anche il nostro: incubi, deliri, angosce.
Tutti i sette malcapitati sull’isola misteriosa diventano i testimoni di un abisso che sta per divorarli per sempre.
La realtà dell’isola si tinge di delirio, di assurdo e di sangue, i personaggi diventano creature degli abissi, consapevoli che nella disfatta non resta altro da fare che restare fedeli alla propria fine.
L’isola dei condannati è un romanzo potente di uno scrittore estremo che nella letteratura non ha mai cercato la consolazione, perché guardando nel fondale del mondo, come ha fatto Dagerman in queste pagine, ha scoperto che non esiste per gli uomini nessuna possibilità di salvezza, nessuna forma di riscatto. Quello che ci aspetta sull’isola dei condannati, dove tutti siamo dannati, è il naufragio.

