
Autore: Yoshimoto Banana
Casa Editrice: Feltrinelli editore
Genere: Romanzo
Traduttore: Giorgio Amitrano
Pagine: 152
Prezzo: 12.00 €
Yumiko e Shōichi sono due cugini, figli di sorelle gemelle. Dopo un’infanzia trascorsa insieme, si perdono di vista per molti anni e si ritrovano da adulti.
Yumiko vive di lavoretti saltuari, non ha una famiglia e spesso sopravvive grazie all’aiuto economico degli amici. Rimasta orfana, soffre di gravi amnesie: per lei il passato è avvolto nella nebbia, i ricordi sono immagini che riaffiorano man mano e di cui non riesce ad avere una visione completa. Un evento traumatico ha segnato per sempre la sua esistenza, minando la sua capacità di vivere con consapevolezza la vita. L’unica possibilità di recuperare il proprio passato è quella di accettare l’aiuto di Shōichi che, eseguendo le ultime volontà della madre morente, ricompare nella vita della cugina e cerca di far luce su quanto accaduto.
Il viaggio verso i luoghi dell’infanzia sarà un cammino emotivamente faticoso, un percorso a ritroso alla ricerca del senso della propria esistenza. Un omicidio commesso dalla madre si rivelerà il primo di una serie di traumi che la ragazza ha rimosso: difficile sarà la ricerca di quella normalità della quale Yumiko ha bisogno per tornare a vivere, ma ancora più difficile sarà capire se dietro questo violento ricordo non si nasconda una ancor più terribile verità.
Onirico, trasognato, ma nel contempo realistico: Banana Yoshimoto ci fa rivivere sulla nostra pelle tutte le sensazioni della protagonista. Lo sguardo è quello di una donna che riesce a rivivere il tempo dell’infanzia, quando ogni cosa era vissuta con lo stupore e la magia della prima volta.
Un’atmosfera rallentata trasporta il lettore in una sorta di torpore ipnotico dalla quale ci si risveglia man mano, prendendo consapevolezza del drammatico passato della protagonista. Si indaga sull’importanza delle proprie radici, sul valore della famiglia: sentirsi amati, desiderati, compresi, fa di noi delle persone forti, capaci di affrontare le avversità. Quando queste certezze mancano, è facile vacillare, faticare a trovare una dimensione. “ La forza di pensare che questo mondo sia degno di essere vissuto. L’essere stati abbracciati, coccolati. Il fatto di possedere tanti buoni ricordi di giornate belle. Essere stati nutriti bene, accolti con gioia quando si dicevano le prime parole venute in mente, sentirsi figli di qualcuno, aver dormito raggomitolati in un futon caldo, aver vissuto in questo mondo con la convinzione di essere accettati. Io penso che se si possiedono anche un po’di queste cose, ad ogni nuovo evento si risvegliano, e su di esse si vanno a sovrapporre altre cose buone, come strati di scrittura e di vernice. Perciò anche se vi sono delle difficoltà, le persone possono vivere. Poiché queste sono la base su cui si può far crescere e sviluppare qualcosa” (pag. 111).