Accanto alla crisi economica italiana troviamo anche una crisi culturale del nostro Paese.
La situazione è questa: secondo l’Istat nel 2013 la quota di lettori di libri è scesa al 43% rispetto al 46% del 2012. Inoltre, su 26 milioni di italiani il 52,2% si definisce non lettore. E l’Aie-Associazione italiana editori, rileva che l’Italia è fanalino di coda in confronto agli altri Paesi, infatti, legge ben il 61,4% degli spagnoli, il 70% dei francesi, l’82% dei tedeschi e il 72% degli americani.
La condizione per il mondo dell’editoria cartacea non è delle più rosee, lettori e vendite sono in continua diminuzione; di certo, dall’altro canto, non si può dire lo stesso dell’andamento del mercato digitale.
Gli e-book continuano a spopolare, sopratutto tra le fasce dei consumatori più giovani, e il fenomeno del Self-Publishing cresce a dismisura.
Di che cosa si tratta? In realtà il processo è molto semplice: gli autori, invece di passare attraverso l’intermediazione delle case editrici, decidono di auto-pubblicarsi, la maggior parte, per l’appunto, in formato digitale.
Le piattaforme operanti di maggior successo sono Amazon Kdp (Kindle Direct Publishing), Ilmiolibro, Narcissus e infine Smashwords, il cui fondatore Mark Coker, in un’intervista pubblicata dall’Huffington Post, ha dichiarato che nel 2020 i Self-Publisher conquisteranno il 50% del mercato.
Ma come sempre c’è il rovescio della medaglia: se da una parte, grazie all’editoria digitale, il mondo elitario degli scrittori ha aperto i battenti a tutti, o quasi, dall’altro ha permesso anche ai meno competenti di prenderne parte, e di svalutare, con sviste grammaticali e lessicali, la categoria dei Self-Publisher e dell’editoria digitale.