Un Dizionario enciclopedico delle mafie in Italia può essere un modo per diffondere la cultura antimafia anche nelle scuole. Era il tema dell’incontro che si è svolto ieri, 17 maggio, nella sala gialla, al quale hanno partecipato anche i magistrati Raffaele Cantone e Gian Carlo Caselli, oltre a don Luigi Ciotti e Claudio Camarca, il quale ha introdotto l’evento con questa frase: “Non bisogna lasciare sole le persone che combattono la mafia, ma fare come diceva Borsellino, parlarne, parlarne il più possibile”.
Gian Carlo Caselli ha ricordato Roberto Morrione, giornalista scomparso nel 2011 che ha partecipato alla realizzazione di questo dizionario, edito da Castelvecchi. “Ci sono diversi tipi di antimafia – ha spiegato Caselli – come la repressione, svolta dalle forze dell’ordine, le attività sociali e la cultura. Quest’ultima è fondamentale per formare l’opinione pubblica e in essa hanno grande responsabilità i media, che non devono mitizzare le immagini negative. Andreotti? Pessima gestione da parte degli organi di informazione della sua sentenza. Non è stato assolto, ma prescritto”. Caselli insiste sulla chiarezza: a costo di risultare prolissi è necessario spiegare le cose nei dettagli, soprattutto se si tratta di argomenti così delicati. Ma non è vero che le persone si annoiano se i discorsi sono troppo lunghi e articolati, anzi.
Raffaele Cantone, magistrato, ha aggiunto: “C’è grande interesse per queste tematiche, lo dimostra questa sala strapiena (molte persone in piedi e tantissime rimaste fuori, ndr). Se non se ne parla si rischia di pensare che la mafia sia stata sconfitta, invece non è affatto così, chiedete a chi vive gomito a gomito con essa, tutti i giorni”. Un discorso ripreso nell’intervento di don Luigi Ciotti, che con il suo consueto e coinvolgente fervore ha lanciato un avvertimento: “Bisogna insistere sulla cultura, perché fornisce gli strumenti per combattere le mafie. Si faccia attenzione, però, in giro c’è anche molta spazzatura e a volte chi parla di criminalità organizzata si improvvisa ed è autoreferenziale, queste cose sono dannose”.
Un atteggiamento che amplifica i problemi di mentalità già esistenti, nei quali la mafia sguazza: “C’è un individualismo insofferente delle regole – ha chiuso Ciotti – che crea un habitat naturale per la criminalità. Le mafie non si sconfiggono con azioni eclatanti, ma facendo rete, siamo tutti noi, ogni giorno, a dover educare all’antimafia». Una battuta, poi, sul ponte sullo Stretto di Messina: “Se le cose non cambieranno, più che unire due coste, unirà due cosche”.