
Autore: Gallo Luca
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Intermezzi
Genere: Romanzo
Pagine: 280
Prezzo: 14.90
«Non è una prigione, è una specie di Estate ragazzi per ritardati e per me».
Sa benissimo di mentire Lama quando con aria spaccona descrive ai suoi amici il periodo trascorso a Trambusto, centro di rieducazione per piccoli criminali nato dalla mente illuminata dell’Architetto Scarpitta. In una Torino insolitamente squallida, popolata da skinhead arrabbiati, politici corrotti e donne provocanti pronte a tutto, il progetto Trambusto è invece l’unica zona di luce, il luogo di un nuovo inizio, della costruzione di un futuro. Qui si intrecciano le vite di tre giovani: Chioma, Tarek e Lama. Tre storie diverse, tre caratteri incompatibili ma in comune la stessa sensazione di essere emarginati per la loro diversità. Diversità da chi o da che cosa? Non solo dagli altri, dato che ciascuno di noi, si sa, è un’alterità per ogni altro essere umano. Diversità dall’idea che il mondo si è fatto di noi.
Ciò che Luca Gallo ci racconta non è semplicemente la nascita di un’amicizia e il percorso di riabilitazione sociale di tre ragazzi irrequieti: nelle pagine di questo romanzo leggiamo anche il timore di crescere e rendersi consapevoli della propria vera natura. Ma soprattutto troviamo espressa la difficoltà che si incontra nel comunicare agli altri ciò che si è, strappando il velo che copre il volto. È un salto nel vuoto crescere, accettare la propria metamorfosi. Ma in questo salto c’è qualcuno che attende al di là del burrone: gli amici, coloro ai quali non è necessario spiegare la propria indole perché già la conoscono e la accolgono con fiducia:
“Noi siamo qui, sotto le stelle nel Sahara, in compagnia di un futbolin e in attesa del più coraggioso tra noi per un torneo sotto la luna di sabbia. Di sicuro t’incazzerai perché siamo troppo sentimentali, perché diresti che non sai chi siamo, sbaglieresti volutamente i nostri nomi, risponderesti a monosillabi. Ma siamo vivi grazie a te. Questo legame ci rende fratelli.”
Il romanzo corre col passo veloce di un’avventura picaresca: le scene si susseguono freneticamente, intrecciando le vicende dei protagonisti, sempre alle prese con realtà talmente grottesche da suscitare risate incredule in chi legge. Ogni tanto abbiamo la sensazione di perderci in questo mondo metropolitano dove si gioca a guardie e ladri, dove ciascuno ha un suo nome di battaglia e i dialoghi in slang, sfiorando talvolta la macchietta, rischiano di togliere profondità alla psicologia dei personaggi. Ma ci ritroviamo poi quando la scrittura si fa più intima e l’evoluzione dei protagonisti è tratteggiata con maggiore delicatezza.
Una buona intuizione il titolo del libro. Trambusto in effetti è un nome singolare, si adatterebbe più facilmente ad un tormentone pop piuttosto che ad un centro di rieducazione per ragazzi problematici. Ma è l’autore stesso a darci la chiave per interpretare più correttamente: il trambusto è tutto interiore, è la confusione rumorosa in Tarek, Chioma e Lama, è ciò che impedisce loro di ascoltare il suono semplice della propria vocazione. Non si tratta di una prigione ma nemmeno di un villaggio vacanze, come voleva farci credere Lama.
“«Trambusto è finito. Tutto finisce!» disse sconsolato rivolto a Lama.”
“«Non tutto Zazzera! Prendi il Baobab. Puoi provare a sradicarlo con tutta la forza che vuoi, strapperai la parte superficiale, ma le radici resisteranno e presto riaffioreranno. Non puoi eliminarlo, puoi non vederlo. Puoi dimenticarlo, ma un giorno all’improvviso sarà di nuovo lì.»”
Il trambusto va attraversato. È la fermata più importante del viaggio: da qui in poi si cambia rotta.
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