La ragazza che andò all’inferno

Titolo: La ragazza che andò all'inferno - Stefano Bon
Data di pubbl.: 2017
Casa Editrice: Castelvecchi
Genere: Romanzo di formazione, Romanzo drammatico
Pagine: 220
Prezzo: 18.50 euro

Li deve scendere tutti i gradini verso i suoi personali inferi, Anna, una giovane donna a cui il destino ha riservato la morte improvvisa del marito: un evento che schiude per lei e per i figli un vaso di Pandora a dispensare colpi bassi, che si moltiplicano, rifrangendosi impietosi.

Conoscerà sulla sua pelle una lunga sequela di difficoltà in fila scompaginata, si ritroverà presto priva di un centro, sganciata da ogni appiglio. Dopo le prime sorprese e delusioni, quando si illuderà di una possibilità di tregua e cercherà di risollevare il capo, la vita la schiaccerà nuovamente, nel tentativo di farla soccombere in via definitiva: non ce la farà, perché nonostante i crolli che hanno sparigliato tutte le sue carte, la protagonista di La ragazza che andò all’inferno di Stefano Bon, uscito per i tipi di Castelvecchi, individuerà dentro di sé modo e misura per sollevare le ombre, azzerare tutto, ripartire.

Il seme del cambiamento nella vita piana, serena, di Anna lo percepiamo fin dalle prime pagine, già percorse da una tensione narrativa sottotraccia che Bon, scrittore ravennate alla sua seconda prova letteraria (dopo l’esordio nel 2006 con Il giorno in cui sono stata uccisa è stato il più bello della mia vita) riesce a mantenere vigile e alta per tutto il romanzo:

 

«Dov’è l’inferno mamma?».

La domanda di Jacopo la colse di sorpresa.

Dove può aver sentito parlare dell’inferno un bambino?

Riformulò in silenzio la domanda.

«Dov’è l’inferno Anna?».

Lo sguardo di Jacopo andava oltre la semplice curiosità; sentiva che

dietro la parola “inferno” si celava un mistero.

«È al centro della terra, vero?».

Anna fece cenno di sì.

Il piccolo sorrise soddisfatto e si mise su un fianco.

La madre lo baciò e spense la luce.

Il mattino dopo mentre faceva la spesa, Anna tra gli scaffali notò una

strana confezione di caramelle.

Afferrò il pacchetto e sul retro vide il disegno di un diavoletto e le

tornò in mente la domanda del figlio.

«Dov’è l’inferno Anna?».

Proprio in quell’istante passò un’ambulanza a sirene spiegate e lei

provò un’inusuale sensazione di freddo, come se avessero aperto la porta

di un frigorifero e pensò che il sibilo la riguardasse.

Cercò di cancellare i cattivi pensieri tornando a concentrarsi sulla spesa,

scagliando la confezione di caramelle sul ripiano.

Mentre usciva dal supermercato passò un’altra ambulanza accompagnata

dal solito fragore, e tornò l’inquietudine.

Cercò di pensare a qualcosa di piacevole, ma non ci riuscì.

La domanda le risuonò nella mente.

«Dov’è l’inferno Anna?».

Presto l’avresti saputo.

 

Così difatti sarà: attonita, “Si mise seduta in attesa del dolore”: ciò che la vita le riserva da questo istante è un’inarrestabile caduta a precipizio. La perdita del marito porterà l’allontanamento degli amici e dei parenti, figure di rara ipocrisia sorrette da “granitica certezza nei confronti del regno dei cieli” ma prive di pietas nella vita di ogni giorno.

Conoscerà la solitudine, le difficoltà economiche che la spingeranno a scelte difficili e drastiche, i bocconi amari.

Le toccheranno la sospensione di tutto un suo mondo, il riconoscimento dei propri limiti e l’accettazione di quelli degli altri.

Il dolore promesso arriverà, greve, a gettito intollerabilmente costante: toccherà ogni aspetto della sua vita, che si farà bersaglio di una fitta serie di abbandoni e disastri, un accumulo di vicende che però – sancendo un efficace patto con il lettore fin dalle prime righe – Stefano Bon riesce a contenere nel verosimile, anche nelle pagine in cui alla sua protagonista fa incontrare personaggi di squallore davvero estremizzato, intrisi di odio inspiegabile, un sentimento ad Anna estraneo, di cui basita non può che riconoscere esistenza, incomprensibilità e ingovernabilità.

A sorreggere la donna, tra i tanti disvelamenti di segreti, giri di vento, epifanie che portano ulteriore dolore, rimane più che la stima di sé, l’amore per i figli: che difende con gesto atavico, primordiale, di animale ferocia. Ai bambini consegna saggia le sole porzioni di verità che sa potranno reggere, giusto alcune di quelle che emergono nel dipanarsi di questa storia dove l’assurdo porta avanti un suo pesante gioco.

È parabola di speranza, La ragazza che andò all’inferno, una speranza che nasce dal necessario, propedeutico attraversamento di prove e di perdite.

Ed è anche una storia di resistenza, e ancora di scelte eticamente discutibili e di forza interiore e bellezza: perché anche nelle atmosfere opportunamente cupe – dove Bon ben maneggia, coniugandole, tensione e aspettative in pagine che reggono l’impianto del romanzo senza inutili sbavature –  si intravvede, pur debole e lontana, una luce.

Al di là della ricchezza della trama in sé, rimane a fine lettura la sensazione di aver anche goduto di una narrazione particolarmente fedele ai sentimenti provati dalla protagonista – ai suoi tanti mutamenti d’animo, alle paure, dense, alle umanissime reazioni – e di una scrittura già matura, ricca di introspezione eppure (quasi ossimoricamente) cruda e limata all’essenziale: un essenziale necessario.

 

Anna Vallerugo

 

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