L’ElzeMìro – Lettere d’ignoto alla dr.ssa Dedgyakéli* Lettera ottava, marzo, 7. Cattivo demiurgo

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          George C. Tooker (1920-2011) Un ballo en Maschera,1983, litografia, RoGallery

Cattivo demiurgo. Poi sa, dottoressa, intendersi, mica solo uccellini e leprotti marzolini. Piccino piccino fui portato dallo zio, l’avocadúma, al suo spasso domenicale, giudice di gara, qualcosa così, l’ippodromo. Di scarsa resistenza alla folla…. c’è un principio che annuncia la persona fin da dentro fasce e pannolini, da raccontare…. mi trovai subito male in quel zoozoo di bipedi ossessi dai quadrupedi. Farla breve. Parte una e un’altra corsa, allo zio si estasiano i capelli impomatati, in tempo reale la trasformazione in fanatico; taste of fight per fighetti; ducàme che si spalma di rivincita sui cavalli; vai a capire, la sottomissione forse; me, spiaciuto subito l’entusiasmo, l’invaso pieno d’ascelle, pericolo quindi e garanzia del troppo. Sono così belli gli animali, non messi sotto, quelli belli, pretesi domestici…. poi dirlo a un serpente, nell’eden allo sbaraglio, lo sbaglio non era lui, vediamolo come parte lesa ziòne, dio propone e chi dispone è un’Evìta nuda. Il demiurgo, quello, pasticcia coll’argilla e se la prende con la tazza. Puntine da disegno, evitarle. Glop galopp galopp’al traguardo, un cavallo si impianta come di un saltatore in alto l’asta, catastrofe, ribaltone di gambe, testa, zoccoli, gli altri corridori che filano oltre, centomila cavalli vapore per frenare dieci cavalli in volo. Il cavallo s’agita a terra, la testa, perché com’è fate qualcosa io dico, lo zio dice ohi non è niente, sorride, frantib. Vabbè, pronto soccorso, mica al cavallo, al fantino, lo tirano fuori da sotto lui, va’ le vie di damasco, sorpresa, è un baco, un radicchio, comedóne incistato, un infortunio del creato. Poi uno sparo. Cavallo immobile e sangue. Pronto soccorso. Lo zio, ohi non è niente, si fa così, si accoppa…. Merda di dio accoppatevi voi, che una meraviglia della natura fosse destinata a morire ciuco volante per uno scherzo di natura. Piango, si sa, mica posso fare altro, ma piango feroce, dita a pistola, ahi non possiedo ancora il coltellino, accoppare lui l’infortunio, merda di dio. Vivere e lasciar vivere chi ti lascia vivere.

Mai fidarsi di eccedenze e deficienze, troppo qui troppo là, troppi troppo; più che d’inesistenza, tutti segni d’incontinenza del cattivo demiurgoc; a ricordarsi chi ha dato questa precisa definizione. Cattivo studente me, bastava un titolo, una sintesi elettrica del libro, poi magari pucciare nel sugo, senza curarsi di ricordarne il cuoco. Bah, gli uomini dietro ogni atto, demiurgi, hmm. I gatti, viaggiano sempre un po’ a volo sulle rotaie.

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a. crasi tra avvocato, evocato, avocado e Cadum, nota marca quest’ultima di saponette.

b. epitome della carogna lombrosiana; in E. De Amicis – Cuore, sabato 28 gennaioFranti, tu uccidi tua madre! – Tutti si voltarono a guardar Franti. E quell’infame sorrise.

c. la definizione è in un titolo di Emile Cioran, appunto Il cattivo demiurgoAdelphi

* cfr. in https://dascola.me

BA 10

Pasquale D'Ascola

Pasquale Edgardo Giuseppe D'Ascola, già insegnante al Conservatorio di Milàno della materia teatrale che in sé pare segnali l’impermanente, alla sorda anagrafe lombarda ei fu, piccino, come di stringhe e cravatta in carcere, privato dell’apostrofo (e non di rado lo chiamano accento); col tempo di questa privazione egli ha fatto radice e desinenza della propria forzata quanto desiderata eteronimìa; avere troppe origini per adattarsi a una sola è un dato, un vezzo non si escluda un male, si assomiglia a chi alla fine, più che a Racine a un Déraciné, sradicato; l’aggettivo è dolente ma non abbastanza da impedire il ritrovarsi del soggetto a suo Bell’agio proprio ‘tra monti sorgenti dall’acque ed elevate al cielo cime ineguali’, là dove non nacque Venere ma Ei fu Manzoni. Macari a motivo di ciò o, alla Cioran, con la tentazione di esistere, egli scrive; per dirla alla lombarda l’è chel lì.

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