
Autore: Suzy Zail
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Newton Compton edizioni
Genere: Romanzo storico
Traduttore: Maestrini A.
Pagine: 252
Prezzo: 9,90 €
Hanna è una quindicenne ungherese di origine ebraica. Pianista eccellente, la ragazza per il suo futuro sogna il Conservatorio di Budapest e poi, chissà, forse Parigi o Vienna. Invece il suo destino è un altro: prima viene rinchiusa in un ghetto e poi deportata con la famiglia ad Auschwitz, il più grande campo di sterminio nazista, situato nella Polonia meridionale. Separata dal padre e, ben presto, anche dalla madre, Hanna condivide con l’amata sorella Erika una brandina fatiscente e tutte le vessazioni, violenze, fatiche alla quale sono sottoposti i prigionieri. Grazie alla sua abilità di pianista, tuttavia, Hanna riesce a ottenere un trattamento speciale: ogni giorno si esibirà nella casa del comandante, spietato nazista ma amante della musica. Qui, inaspettatamente, la protagonista ritroverà un po’di umanità nel giovane Karl, il figlio del comandante, che all’insaputa del padre aiuta non solo Hanna, ma anche gli altri internati. Il suo nuovo lavoro le permette per diverse ore al giorno di rifugiarsi nel suo mondo, la musica: non più torture e odio, ma solo tasti e note. La melodia è capace di proteggerla, di farla sentire di nuovo una persona: “suonai fino a non sapere più che cosa stessi suonando. Suonai fino a che non fui dentro la musica, nascosta tra il rigo del basso e quello del violino, scivolando tra i suoni, stordita dalle note.” (p. 92)
All’arrivo dei russi tutto cambia e per Hanna comincerà una nuovo vita, alla ricerca della famiglia e di Karl, prigioniero di guerra: “Impiegai del tempo ad abituarmi a riposare bene tra quelle lenzuola bianche e pulite, ad aprire un rubinetto e non restare sorpresa dal getto d’acqua limpida. A essere chiamata per nome e vedere la gente sorridermi. Mi guardavo il braccio, il numero inciso con l’inchiostro blu sulla pelle, e pensavo che potevo essere sopravvissuta, ma non ero libera. Non importava quanto mi sforzassi per cancellare ciò che era successo, ero ancora marchiata.” (p. 136) Continuare a guardare avanti non è facile, quando una ferita così grande ha dilaniato la nostra anima: eppure Hanna è capace di trovare la forza di andare avanti, memore della promessa fatta a sua madre: Ci diedi dentro, pestando sui tasti, e la musica riempì la stanza. ” – Ti ho promesso di suonare Clara per te, anyu -, gridai sopra gli accordi. – Ti ho promesso di non arrendermi mai – “ (p.140).
Suzy Zail, scrittrice australiana, ci regala un romanzo intenso e commuovente, La pianista di Auschwitz. Il padre della scrittrice era stato uno degli internati di Auschwitz e aveva taciuto il suo passato fino alla fine, convinto che solo vivendo pienamente e senza rimpianti avrebbe potuto superare quello che gli era accaduto. Suzy Zail scrive questa storia per non dimenticare e per non farci dimenticare l’Olocausto: accuratezza storica e grande capacità di introspezione sono elementi determinanti per permettere a noi lettori di avvicinarci ad un tema così doloroso. A questo si aggiunge anche la scelta di uno stile diretto, pulito, senza fronzoli: l’autrice non cerca di alleggerire l’atmosfera, ma riporta con trasparenza e realismo ciò che accadeva nei campi di concentramento e lo fa con gli occhi di una ragazzina, Hanna, che vede infrangere i suoi sogni contro il filo spinato. Leggendo queste pagine sono tante le emozioni che si alternano: rabbia, paura, solidarietà, commozione, stupore e, infine, speranza: che accanto alle più bieche atrocità ci sia ancora spazio per l’amore, la musica, la poesia e che nonostante tutti gli orrori e le angherie subiti, Hanna non si lasci sconfiggere, ricordando a tutti noi che amare, sognare e combattere è ciò che ci rende umani.