La frontiera – Alessandro Leogrande

Titolo: La frontiera
Autore: Alessandro Leogrande
Data di pubbl.: 2015
Casa Editrice: Feltrinelli editore
Genere: Romanzo, saggio
Pagine: 316
Prezzo: 17,00

Per quanto in questa storia ci siano anche dei salvati, i sommersi sono tantissimi. Impossibile stabilire quante persone siano morte in questi anni, uccise come bestie dai sequestratori, nel momento in cui hanno capito che nessuno avrebbe pagato per loro. C’è chi dice cinquemila, chi addirittura ottomila. Alganesh tende a pensare che la giusta cifra sia nel mezzo” (p. 116)

Alessandro Leogrande, giornalista e scrittore contemporaneo, ci accompagna per mano in un viaggio lungo chilometri, dalle coste dell’Africa settentrionale fino alle nostre terre, all’inizio di quella che noi definiamo civiltà. Ci racconta di persone disperate a tal punto da abbandonare tutto e rischiare la vita per sé e per i loro figli, mettendosi in marcia verso l’ignoto. Chi di noi farebbe una cosa del genere? Persone come noi, come tante, che arrivano da diversi Paesi in cui il solo diritto alla vita può essere messo in discussione in qualsiasi istante e da chiunque ti attraversi la strada. Parole ed immagini forti, che non tutti i media portano all’opinione pubblica. Perché se la maglietta rossa di un bambino sdraiato inanime sulla spiaggia può smuovere l’animo di molti, di certo non può essere da meno quello di un disegno più grande dietro questo esodo di massa, come il mercato nero di organi di persone agonizzanti. E la verità resta sepolta sotto metri cubi di acqua salata del Mediterraneo, cimitero di anime ignote e striscia di confine di due mondi: quello povero e quello ricco.

Sanno di essere in Italia, ma non hanno la minima idea della regione in cui sono sbarcati. Non sanno se sono al Nord o al Sud. Nel chiuso del cassone avvertono solo il ronzio delle ruote su strada così come fino a poche ore prima erano imbambolati dal frastuono dei motori dentro la stiva” (p. 256)

L’osservazione più inquietante di Leogrande è quella legata alle decisione dei Paesi “Sovrani” di concentrare gli sforzi sul limitare o bloccare il fenomeno delle immigrazioni coatte, senza per nulla pensare al perché ci siano e tantomeno ad aiutare localmente questi popoli. Alzare una barriera per chilometri lungo un confine può davvero arginare il fenomeno? Oppure l’onda si infrangerà ancora più forte e sfocerà in altri Paesi e in altre aree senza controllo? La frontiera è una linea immaginaria che noi abbiamo tracciato su una carta. Chiuderla significa soltanto voler immaginare che la disperazione al di là di quella linea non esiste. Ma non dovevamo imparare dalla Storia? Sono passati così pochi anni dall’Olocausto eppure stiamo di nuovo rifacendo gli stessi errori. Che Dio ci perdoni!

Si può ridurre il male? Si possono creare delle zone libere all’interno delle quali il suo impatto sia meno devastante? È possibile risolvere le cause che generano la fuga di massa di interi popoli? Riusciamo a dare a quelle cause il nome di stermini silenziosi? E, soprattutto, riusciamo a capire che i viaggi vengono dopo tutto questo?” (p. 312)

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