Data di pubbl.: 2023
Pagine: 205
Prezzo: € 17,00
Spenti da poco i truculenti fuochi della Repubblica Partenopea del 1799, un drappello di soldati provenienti dal Regno Borbonico di Napoli al comando di un dragone e accompagnato dal naturalista James Fenimonte, giunge nel paese di Languore, contrada di Otranto, per investigare l’esistenza di una Bestia che semina il panico fra la popolazione facendo scempio di uomini e armenti nel bosco dell’Arneo. Due i cadaveri di cui si ha notizia certa: quello della mammana Narda Stumicusa e quello di un viandante. A nulla è valsa la caccia spietata dei contadini. La Bestia sembra colpire e poi quietarsi per poi colpire ancora, stavolta i cavalli del barone Dirlampa il quale, forte dei suoi rapporti con la corte borbonica, convoca i soldati. Ma cos’è e da dove viene questa mefistofelica creatura che semina il terrore e la morte in terra di Puglia? Esiste davvero o è frutto della fantasia di un popolo dimenticato e disperato? E che ruolo giocano il barone Dirlampa, le sue figlie, mastro De Sanctis, la giovanissima moglie Pasanedda e la Fantesca, fra Teodoro e il prete brigante Malesano con i suoi accoliti?
Il capitano, il naturalista Fenimonte e il soldato Mazzacane, rimasti a un certo punto da soli a risolvere l’enigma della Bestia e a chiarire le colpe e i rapporti esistenti fra i personaggi coinvolti nella storia, saranno ciascuno a suo modo travolti da un seguito di inquietanti avventure e repentini colpi di scena, tra la crudele violenza degli scherani del Barone Dirlampa e l’astuzia del brigante Malesano e dei suoi uomini.
A metà fra la favola gotica – la trama è affascinante e imperdibile – e il racconto sociale, questo straordinario romanzo di Omar Di Monopoli catapulta il lettore fra le asprezze di una terra bellissima e selvaggia, dove il sonno della ragione e l’assenza di uno Stato capace di buon governo generano mostri. Reali e immaginari.
“Siamo al Sud…È una terra anarchica e contraddittoria, impossibile negarlo, percorsa da esecrabili furori individualisti, ma paga l’indifferenza sinora mostrata dai Reali ed è in fondo proprio la latitanza dello Stato ad aver permesso l’istaurazione di sacche di potere privato inconcepibili per una nazione moderna…” (pag. 147)
Ma ciò che, a mio parere, rende davvero unica questa storia è la lingua in cui è narrata, aulica e dialettale al contempo, tale da generare un effetto straniante e a volte grottesco, altre esilarante, ma sempre incisivo e catturante. Una lingua ‘biblica’, come l’autore stesso l’ha definita, e antica come antichi e mai risolti sono i mali del Sud Italia. Atavici come questo dialetto ritmato e graffiante che caratterizza luoghi in cui nessuna ingiustizia verrà mai cancellata. Allora come oggi, perché un Sud immerso nel suo sonno centenario farà sempre comodo a tutti.
Assolutamente da leggere.