Il debutto – Pablo d’Ors

Titolo: Il debutto
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Aisara
Genere: Racconti
Pagine: 18
Prezzo: 16

Alcuni lettori molto severi e nostalgici rimpiangono il passato dei grandi capolavori letterari, il tempo in cui eccezionali scrittori hanno prodotto opere di immenso valore artistico e umano con una frequenza e una costanza quasi paranormali. Questi stessi lettori, un po’ perché il ricordo malinconico è spesso passatista e un po’ per motivazioni oggettive, guardano con sfiducia e sospetto alla letteratura strettamente contemporanea.

Non mi sembra di esagerare se dico, a tali lettori e a me stesso, che c’è un piccolo grande autore capace di rinnovare la speranza nella possibilità di una scrittura bella e buona per lo spirito umano anche oggi; e non ci sarà da stupirsi se diventerà un “classico”, perché dei grandi “classici” egli si nutre. Anzi, di essi riempie addirittura le sue pagine, ritrasformandoli, “normalizzandoli”, dialogando con loro e cercando di superarli (come si supera un “trauma”, non come si fa con un ostacolo) per veicolare un messaggio del tutto personale.

Lo scrittore in questione è Pablo d’Ors e il libro è Il debutto, pubblicato in Italia da Aìsara (in procinto di editare, fortunatamente, anche altre opere dell’autore spagnolo). Si tratta di una raccolta di racconti, sette storie la cui peculiarità consiste nell’avere come protagonisti, a volte diretti altre volte indiretti, alcuni tra i più grandi scrittori della storia della letteratura. C’è quella in cui Kundera e Grass misurano la propria statura a colpi d’eloquenza in uno strano convegno, formato esclusivamente da ultraottantenni e organizzato da una donna che è stata l’amante dei più grandi autori del Novecento (finiranno poi per misurarsi con i limiti, fisici e non, che anche i grandi uomini possiedono); c’è l’orribile disavventura di una studentessa spagnola dell’Inferno dantesco che vede materializzarsi l’argomento dei suoi studi proprio nella sua vita, in una condanna a rimpicciolire fino alla probabile inesistenza; si parla, poi, dello schiavo di Goethe, quasi chiamato in vita con tale ruolo dalla grande presunzione del maestro tedesco.

I racconti migliori sono quelli che riguardano Thomas Bernhard e Pessoa: nel primo c’è un uomo che, influenzato dai romanzi dell’autore austriaco, ricerca con rigore metodico un’obesità sempre più respingente, per manifestare l’odio e il disprezzo verso la società (frutti di solitudine e vendetta, ma anche disperato grido d’allarme verso un mondo in frantumi), insegnamenti dello stesso Bernhard, ma arriva a dimenticare i suoi tragici progetti quando incontra l’amore (non corrisposto). Nel secondo, invece, il protagonista è proprio il solitario e frammentato Pessoa, alle prese con i suoi alter ego e con il dramma esistenziale di una vita usurpata dalla letteratura, dal dolore e dalle tragedie personali di identità e di relazione (leggete le note di questo racconto, bellissime e fondamentali).

Nell’ultimo racconto, alla fine, c’è lo stesso Pablo d’Ors, narcisista ferito con complessi di inferiorità e di abbandono, a cui viene negato l’ingresso alla prima del suo spettacolo teatrale.

Con quest’opera lo scrittore spagnolo costruisce una polimorfica dichiarazione d’amore verso quelli che sono stati i suoi maestri, dove probabile esorcizzazione e sincera fedeltà si incontrano e arrivano all’inserimento finale del sé autore all’interno dello stesso canone di giganti che lo hanno formato.  Lavoro di grande raffinatezza intellettuale e di profonda consapevolezza, sostenuto da una scrittura brillante e umoristica, polifonia di grandi voci che permettono a d’Ors di moltiplicare e accrescere la propria identità. Il debutto è tutto questo, ma anche molto di più.

La cifra comune di queste sette memorabili storie, oltre a un continuo e sottile erotismo, è il grottesco, il surreale pieno di ironia e di senso delle drammatiche profondità dell’animo umano, una fusione perfetta di comico e tragico (ma il comico è sempre anche tragico, tragedia umana come il dostoevskiano combattere nel cuore dell’uomo di male e bene, sconfitta e speranza).

Un’unica citazione dal libro (perché non si riesce proprio a farne qualcuna rinunciando a tutto il resto!), indicativa del tipo di ricerca che Pablo d’Ors porta avanti con la sua scrittura: “La trasformazione dell’impossibile in verosimile è ciò che deve pulsare in ogni pagina che si voglia definire letteraria”.

Dalla rassegna degli autori-maestri a cui d’Ors dedica i suoi racconti ne rimane fuori uno solo. Uno che, tuttavia, manifesta la sua presenza in ogni pagina. E’ Franz Kafka. Tragedia, pietà, umorismo, allucinazione, il naufragio dell’io lacerato, l’impossibile inserito nel quotidiano. Pablo d’Ors ricorda lo scrittore praghese quasi ad ogni passo (pur citandolo appena). Con un meno di colpa-alienazione e un più di speranza-luminosità.

Ci sarebbe moltissimo altro da scrivere su questa vera e propria perla che è Il debutto. Tutto sarebbe da approfondire, condividere, dire meglio. Ma finito è lo spazio e misero è il recensore. Tuttavia, per una volta, fidatevi di lui e correte in libreria.

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