Autore: Bragonzi Manuel Antonio, Foa Marcello
Data di pubbl.: 2012
Casa Editrice: Piemme
Genere: Romanzo
Pagine: 277
Prezzo: 16.50
Un giorno, a Milano, un signore dai tratti ispanici bussa alla porta del giornalista Marcello Foa e decide di raccontargli la sua storia. Era da molto tempo che desiderava farlo, ma non aveva ancora trovato il coraggio. Il giornalista capisce che sarebbe un peccato consegnare all’oblio vicende così dure ma importanti e le racconta in un romanzo dal titolo quanto mai significativo: “Il bambino invisibile”.
Il nome di Manuel Antonio Bragonzi che figura sulla copertina, dopo quello dell’autore Foa, è il protagonista del libro nonché di tutte le esperienze di vita narrate in queste pagine, dense di una prosa semplice e ricca allo stesso tempo.
Tutto avviene quando Manuelito ha appena tre anni e perde misteriosamente la madre, in quella terra bellissima e crudele che è il Cile. L’orfanello va a vivere con suo nonno, che lui chiama ingenuamente ‘el mi abuelito’, nonostante sia un uomo piuttosto violento e dedito al alcool, che non risparmia cinghiate e botte già al risveglio. Con loro, vivono anche Raquel e la sua figlioletta Carmen, unica piacevole presenza e compagna di giochi nella casa triste e povera che condividono.
Manuel trascorre le giornate scorrazzando con compagni di gioco che già sente diversi, ma da cui vuole a tutti i costi farsi accettare. Impegnato a non farsi escludere dal gruppo e pieno di accettazione verso un’esistenza misera, ma considerata l’unica possibile, nella sua mente il ricordo di Isabel, sua madre, resta dolce e vago. Fino a quando, improvvisamente, non viene richiamato con prepotenza alla memoria da un vecchio vicino di casa.
Proprio quest’ultimo racconta a Manuel la verità, facendo riemergere una scena orribile che gli svelerà, di colpo, la feroce assurdità della sua condizione. Sua madre è stata uccisa e, ad esserne responsabile, è proprio il suo ‘abuelito’, l’uomo che lo ha preso con sé, ma che non è affatto suo nonno.
Da questo momento, il piccolo protagonista si trova alle prese con un percorso di autoformazione che deve affrontare nella più completa solitudine. Le sue emozioni oscillano da un’iniziale, totale assenza di rabbia verso l’aguzzino a sentimenti sempre più vicini all’odio. Sarà un incendio– vera e propria manifestazione di tutta la rabbia repressa – a spingerlo finalmente alla fuga della sua casa-prigione.
Senza voler svelare troppi particolari della trama, va detto che a colpire più di tutto è il grande senso di pace interiore che Manuel riesce a conservare, nonostante il mondo di violenza in cui è immerso e da cui è sempre, crudelmente rifiutato.
A contatto con la natura dei boschi, con gli alberi, gli uccellini e i fiumi, il bambino sente di essere protetto da un grande Spirito che ha dato vita a tutte le cose e che lo ama. L’esistenza di Dio viene suggerita a questo bambino offeso dagli uomini, dalla bellezza di una natura benevola che sa accogliere e far sentire amati.
Quasi ricalcando il ‘nobile selvaggio’ dai limpidi sentimenti di Rousseau, Manuel lascia che la natura stessa lo educhi e gli insegni a vivere. Ed è in mezzo ai boschi che finalmente percepisce di esserci, di non essere il bambino invisibile ignorato e disprezzato da tutti.
Il male lo porta involontariamente a cercare rifugio nel bene, le difficoltà lo spronano a combattere e a cercare una via di uscita.
Pur con qualche lieve sentimentalismo che farà storcere il naso ai cinici o, semplicemente, ai lettori più disillusi, questo romanzo ha di certo il merito di offrire un esempio di indomita e saggia resistenza al pessimismo e alla violenza, attraverso gli occhi di un bambino costretto a crescere troppo in fretta.