La storia del film presentato da Carlo Mazzacurati al Torino Film Festival fa tornare alla memoria molta letteratura.
Due protagonisti: Dino, un tatuatore, e Bruna, un’estetista, entrambi accomunati dalla ricerca di un domani migliore. L’oggi è caratterizzato da problemi economici, difficoltà affettive (un divorzio e un tradimento) e dalla difficoltà di trovare uno stimolo nella quotidianità. Ad un certo punto una peripeteia (o mutamento imprevisto della situazione presente, cioè ciò che dà nuovo impulso alla vicenda narrata o rappresentata tipica di ogni fiaba che si rispetti) fa intravedere una soluzione a tutti i loro problemi: un tesoro nascosto in una sedia.
Così inizia la ricerca e, con un misterioso prete che incombe su di loro come una minaccia, dapprima rivali, poi alleati, i tre diventano protagonisti di una rocambolesca avventura che, tra equivoci e colpi di scena, li vedrà lanciati all’inseguimento del bottino. Viaggiano dai colli alla pianura, dalla laguna veneta alle cime nevose delle Dolomiti, dove in una sperduta valle vivono un orso e due fratelli che porterà al più classico lieto fine, che farà trovare loro il tesoro e l’amore perché tutte le favole si concludono con il tipico “e vissero felici e contenti…” .
Ci viene in mente Propp con il suo Morfologia della fiaba (edizioni Newton and Compton), ma anche R. L. Stevenson con L’isola del tesoro (edizioni Newton and Compton), poiché per i personaggi di questa storia ciò che conta non è tanto l’esito della ricerca quanto il percorso che si è fatto per arrivare al tesoro.
Infatti, come si legge nell’introduzione all’opera di Gianluigi Melega, “lettore e ascoltatore vengono trascinati lontano da una corrente di emozioni, un amniotico liquido oscuro da cui emergono come indistinte isole, appunto, gli archetipi da riconoscere: il ragazzo-eroe che sa vincere le proprie paure, il signore scioccamente testardo, la favolosa ricchezza a un tempo stesso vicina e lontana….”.
I protagonisti del film affrontano prove per loro fino a quel momento inimmaginabili (es: entrare in una casa abbandonata, rubare in chiesa, scappare da una folla pronta a linciarli, scalare una montagna altissima) ma a renderli maggiormente felici non sarà il tesoro trovato, quanto la raggiunta maturità e l’amore ritrovato; del resto, continua ancora Melega, “il tesoro è quel che cerchiamo sempre nelle nostre vite, l’aspirazione al diverso, a ciò che è meglio di quel che abbiamo: e, forse, anche, che è meglio di ciò che siamo”.
I personaggi risulteranno cambiati dopo la ricerca del tesoro e allora, ancora una volta, torna alla nostra memoria il romanzo di formazione: l’eroe che dopo varie peregrinazioni torna cambiato, come non pensare al viaggio di Enea e al nostos alla città natale?
Tuttavia non fatevi spaventare dai riferimenti letterari, il film sarà fonte di un piacevole divertimento, nella migliore tradizione della commedia all’italiana.