
Autore: Francesco Permunian
Data di pubbl.: 2021
Casa Editrice: Ponte Alle Grazie
Genere: Narrativa
Pagine: 171
Prezzo: € 15,90
Francesco Permunian si definisce uno scrittore marginale che è orgoglioso di non appartenere a nessuna consorteria. A mio avviso egli è uno scrittore appartato che ha l’ardire di scrivere quello che nessuno ha il coraggio di dire e di pensare. Francesco Permunian è uno scrittore estremo, uno dei pochi presenti.
In un “diario dell’infamia e del disinganno”, così Permunian definisce la sua opera, lo scrittore fa i conti con i propri demoni e non solo. Sulla pagina riversa sempre controcorrente la sua insonnia letteraria e soprattutto la materia incandescente della vita attraversata dal paradosso e dalla cronaca dei giorni inquieti.
Tra ricordi personali e aneddoti surreali, nel libri di Permunain si incontrano reali personaggi kafkiani.
La scrittura per lui è soprattutto testimonianza irriverente: “il demone della letteratura” fornisce gli strumenti umani per navigare in direzione ostinata e contraria.
Permunian nei suoi libri non fa sconti a nessuno. Se la prende a muso duro con le conventicole letterarie e con coloro che amano definirsi intellettuali all’ombra dei loro comodi paracaduti di servi sciocchi del potere.
«Oggi la gente non vuole leggere, oggi la gente vuole soltanto applaudire, applaudire il giullare di turno».
Insomma, Francesco Permunian non è disposto a recitare la parte di scrittore in questo realty di massa che è diventata la letteratura. Quello che conta per lui è saper scrivere e non vendersi.
Nel corso degli anni la sua penna è diventata sempre più velenosa e cinica e lui come scrittore, e quindi come uomo, con una dose intelligente di cattiveria e ironia ha tolto definitivamente la maschera al politicamente corretto e sempre di più nei suoi libri dice le cose come stanno.
La conferma di tutto ciò è la recente uscita di Giorni di collera e di annientamento, il suo nuovo romanzo.
Un altro viaggio nella realtà attraverso la cifra disincantata dell’assurdo. Un ritratto feroce del conformismo della nostra epoca attraverso le vicende del dottor Lunfardo che sognava di diventare cantante ma si trova a vincere il Premio Strega per aver scritto un libro. Risucchiato dal mondo editoriale, dopo il successo, egli si accorge che quell’orribile pianeta gli sta rovinando l’esistenza. Non ne può più, visto che di mestiere fa l’editor, di tutto il mercimonio che prevale nelle patrie lettere e di tutti i sedicenti scrittori che cercano fama facile e notorietà.
Si ritira sul Lago di Garda dove si lascia risucchiare nel teatro dell’assurdo della provincia con i suoi personaggi stravaganti.
Con uno stile kafkiano e con una ferocia celiniana Permunian attraverso la lente di ingrandimento della sua penna velenosa racconta i giorni di collera e di annientamento di Lunfardo e del suo teatro popolato da personaggi bislacchi, talmente assurdi da sembrare verosimili alla condizione umana in cui ogni giorno precipitiamo e che non ha nessuna spiegazione.
Nell’umanità dolente che circonda il protagonista si trova tutta la kafkianità della nostra contemporaneità: le prostitute neofasciste a bordo di un sidecar, uomini che leniscono la loro solitudine avvalendosi della presenza di bambole gonfiabili, talebani della fede invasati, scrittori e scrittrici in odore di protagonismo e di arrivismo che farebbero di tutto per diventare figli legittimi di nostra madre letteratura.
Permunian attraverso il disprezzo del dottor Lunfardo castiga come sa fare solo lui il cattivo stato di salute dell’ambiente editoriale italiano e nel bel mezzo di questa invettiva lascia alle parole di Roberto Bolaño il compito di dare il colpo di grazia: «Il panorama soprattutto a guardarlo da un ponte, è promettente. Il fiume è ampio e possente e dalle sue acque spuntano le teste di almeno venticinque scrittori sotto i cinquanta, sotto i quaranta, sotto i trenta. Quanti di loro affogheranno? Io credo tutti».
Permunian, i libri li ama davvero e se ne infischia altamente del conformismo dilagante nel mondo letterario e del perbenismo ipocrita che lo alimenta. In Giorni di collera e di annientamento lo scrittore scomoda ancora una volta il grottesco e l’assurdo per mettere in scena la miseria intellettuale, morale e esistenziale della commedia umana.
Questa volta rincara la dose, la penna velenosa diventa spietata. Lo scrittore cerca di mettere in ordine le sue ossessioni e non rinuncia alle sue considerazioni inattuali
Giorni di collera e di annientamento è il grande libro di uno scrittore non indulgente convinto che letteratura serve ancora a qualcosa nonostante il protagonismo di una società letteraria e ipocrita.
Per Permunian la letteratura è una cosa seria. «Non è una latrina dove uno ci può fare impunemente tutti i suoi porci comodi, ci mancherebbe!» (Dalla stiva di una nave blasfema, Diabasis).
Francesco Permunian è il Thomas Bernhard italiano e dalla stiva della nave blasfema ci regalerà ancora libri straordinari per i futuri giorni di collera e annientamento.
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