Autore: Maurizio De Giovanni
Casa Editrice: Einaudi
Genere: giallo
Pagine: 320
Prezzo: 19
“E all’improvviso lo senti, il freddo”. Il freddo che apre il primo capitolo del nuovo romanzo di Maurizio De Giovanni. Perché all’inizio è freddo. Alla fine, di quel primo capitolo, è già gelo. E “il gelo non se ne va”.
Gelo che dà il titolo al libro che apre la nuova indagine di quel commissariato nato dalla penna del narratore napoletano su cui ancora pesa uno scandalo difficile da far dimenticare. Nonostante lì, quei “reietti” mandati quasi per espiare colpe mai provate, sospetti, comportamenti non proprio consoni a un poliziotto, dimostrino di essere una squadra formidabile.
“Gelo per i Bastardi di Pizzofalcone” è il romanzo con cui De Giovanni torna a narrare indagini dei giorni nostri, seguendo l’ispettore Lojacono, che dopo “Il metodo del coccodrillo” diventa ingranaggio di una squadra solo apparentemente “raffazzonata”, ma in realtà perfetto ingranaggio d’indagine. Che, oltre a dover indagare sul fatto centrale della narrazione, il brutale duplice omicidio di un fratello e di una sorella poco più che ventenni, e dover far chiarezza su una presunta storia di molestie su una ragazzina, deve anche dimostrare quello che vale, perché il commissariato su cui si concentrano gli occhi dei superiori non venga chiuso.
E ancora una volta, come sempre, come già nelle inchieste condotte dall’altro personaggio creato dall’autore, il commissario Ricciardi, De Giovanni ci porta nelle vite dei suoi personaggi, vite che si muovono tra sentimenti e difficoltà, ricerche di coraggio per affrontare la propria quotidianità di uomini e donne, vite che sono fuori dal commissariato e con le quali i personaggi si scontrano, incontrano e confrontano.
Ci sono le vittime dell’omicidio, Biagio e Grazia Varricchio, lui più grande di lei di tre anni, arrivato due anni prima dalla Calabria, “un bravo ragazzo […], ricercatore, laureato in Biochimica[…], o Scienze biologiche”, come lo descrive un vicino di casa. Lei, arrivata da sette mesi a condividere l’appartamento maltenuto che un amico e compagno di ricerche universitarie del fratello, in accordo con il padre docente universitario e grande luminare, gli cede gratuitamente. Tanto Biagio è prezioso, con le sue ricerche, le sue capacità, al laboratorio dell’università. Lei, bella, bellissima, che accetta di posare per un servizio fotografico di moda e di sfilare. Una volta, una sola. Per quei tremilasettecento euro che chiede e che sono l’unico primo indizio da cui partire per un’indagine che si preannuncia difficile, complessa, enigmatica. Scontrandosi con evidenze che tracciano la strada e portano altrove. A sfidare il gelo. Il gelo del clima. Il gelo della morte.
“I due poliziotti si erano persuasi che, a differenza del mondo di Grazia, sfaccettato e fatto di relazioni che conducevano a versanti diversi – il fidanzato, il padre, l’agenzia di modelle – quello di Biagio si esaurisse nello stabile in cui erano adesso”. L’università. Il mondo patinato. La casa dove il gelo entrava dagli spifferi delle finestre malmesse.
E ancora una volta il clima, quel gelo, diventa protagonista come i personaggi che nel freddo si muovono. Mentre “la verità, disse Lojacono ad Alex, era che quella città non era fatta per ripararsi dal freddo. Non c’era abituata. Le finestre non chiudevano perfettamente, gli infissi non erano a tenuta, gli impianti di riscaldamento funzionavano poco e male. I grandi locali deputati all’accoglienza del pubblico, uffici, stazioni, posteggi degli autobus, non erano neppure climatizzati. Il gelo non si faceva pregare e si insinuava in ognuno dei centomila varchi lasciati aperti dall’abitudine al caldo come falle in una muraglia”. Falle dentro le quali l’indagine si deve insinuare. Un’indagine nella quale si muovono tanti padri. Padri di chiunque, pur non avendo figli. Padri che vorrebbero esserlo stati o che vorrebbero esserlo di nuovo. Padri alle prese con l’essere padri. E figli in lotta con i padri o a cui dei padri non importa nulla. Padri che diventano anche pezzi della propria vita che si cerca “di dimenticare”. Perché “l’idea di un confronto con lui” fa paura. O padri che vogliono riconoscere figli nelle fantasie di madri che quei figli li hanno persi prima ancora di averli e che non se ne danno pace. Aggrappando a una briciola la voglia di riscatto. La voglia di salvare e di essere salvati.
Sara Magnoli