Ferrero: ‘I lettori italiani sono più forti e non hanno smesso di leggere’

Tra una settimana il ministro della cultura Dario Franceschini inauguerà la 27° edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, l’evento librario più importante per la nostra penisola. In questi anni il Salone è cresciuto sempre di più, sia in termini di offerta che di pubblico, si è arricchito, si è innovato, si è anche messo in gioco; tutto con il solo obiettivo di rendersi più gustoso agli occhi dei suoi frequentatori più assidui e più attraente per coloro che non lo conoscono ancora. La guida dell’importante iniziativa fieristica negli ultimi sedici anni è stata di Ernesto Ferrero, stimato scrittore e critico letterario con una carriera nel settore davvero ammirevole. Noi l’abbiamo raggiunto per riflettere insieme e fare il punto della situazione su novità e aspettative della 27° edizione.

Lei ha visto crescere il Salone del Libro, come si è evoluto questo importante evento nel corso degli anni dal punto di vista dei contenuti dell’offerta ai lettori?

È stata una crescita favorita dal fatto che hanno tirato tutti dalla stessa parte, cioè la Provincia, il Comune e le fondazioni bancarie sostenitrici. Gli editori stessi, vedendo crescere il progetto negli anni, ci hanno accordato una fiducia e una collaborazione crescenti, superando la diffidenza dei primi tempi. Quest’anno, in particolare, abbiamo puntato sulla qualità del programma e i visitatori sono parte attiva, determinante e decisiva, capace di apprezzare anche eventi impegnativi. Un esempio è il caso di 250 persone che hanno ascoltato una discussione specialistica su “Il tempo della matematica” alle 9 di un lunedì mattina. Il paradosso dei lettori italiani è che sono forse meno in termini di numero, ma più “forti” dei lettori degli altri paesi, nel senso che sono più selettivi, attenti e curiosi, partecipano con grande attenzione e curiosità; non vengono al Lingotto solo per comprare l’ultima novità, ma per frugare tra i cataloghi degli editori, grandi o piccoli che siano, a seconda delle loro preferenze. L’offerta studiata è fatta per piacere, come un grande contenitore pensato per tutti. Non bisogna escludere nessuno, tanto è vero che puntiamo anche su personaggi meno noti, come il critico dell’arte Jack Lar, fustigatore dell’arte contemporanea, il pianista Alfred Brandelev, il fotografo americano Steve MacCarry. Sono tutti personaggi estremanete ricchi e importanti, portatori di quelli che una volta si definivano valori, anche se oggi ci si vergogna, quasi, a chiamarli in questo modo.

La tecnologia ha supportato molto la diffusione del Salone?

Certamente. Visto che le nostre finanze sono sempre in sofferenza, il fatto di poter usare una app che consente di navigare in questo palinsesto, per esempio, è un modo comodo ed economico per trasmettere in streaming gli eventi più importanti e informare i visitatori e i possibili interessati della nostra offerta.

In Italia ci si lamenta spesso della scarsa attenzione delle istituzioni per la cultura, anche lei la pensa così?

Il quadro varia molto da regione a regione, ci cono assessori attenti e altri disinteressati. In Piemonte è andata bene: il Comune, la Regione e La Provincia, pur governati da politici di diversa parte, hanno collaborato bene per coltivare e mantenere attiva la nostra cultura. Il Governo Centrale, invece, dà pochi aiuti, dimostrando scarsa attenzione a tutto il mondo del libro, delle biblioteche e della scuola. Non è una questione di voler dare sempre la colpa a qualcuno, però effettivamente è stato fatto poco o nulla per la cultura e la preservazione della lettura come abitudine degli italiani. È una colpa collettiva e questo è un problema nazionale. Non si può ignorarlo. Gli editori devono fare i conti con un mercato depauperato sotto tutti i punti di vista: il lettore italiano è lasciato a se stesso, quindi è come allo sbando. Questo è un rilevante problema, perché un lettore forte è anche un cittadino migliore, partecipe, attento e informato, capace di vivere meglio la vita pubblica.

Quest’anno c’è una particolare attenzione al lavoro e all’artigianato, è molto importante anche il progetto curato da Culicchia sul lavoro editoriale. Come mai questa scelta?

Abbiamo voluto valorizzare la qualità del lavoro: lavorare bene, lavorare meglio con grande attenzione e rigore, buon senso e passione. Abbiamo cercato di dare spazio alle realtà più piccole sia editoriali che librarie; gli indipendenti, soprattutto, che stanno lavorando tra mille difficoltà con creatività e ingegno.

Negli scorsi giorni è morto Gabriel Garcia Marquez, cos’ha rappresentato questo scrittore per la letteratura? Ci sarà modo di ricordarlo al Salone 2014?

Purtroppo è accaduto all’improvviso. Così a breve, a palinsesto chiuso, non siamo in tempo per fare nulla. Marquez ci ha aperto continenti fantastici e ha illuminato con grandi messaggi. È molto amato e molto letto, non è destinato a spegnersi o essere dimenticato, questo è sicuro.

In Italia si legge sempre meno, come vede il futuro di eventi come il Salone del Libro di Torino?

Non credo che si legga meno: la riduzione delle vendite in libreria (20% in 2 anni e continua a scendere) è in controtendenza alla maggiore frequentazione delle biblioteche. L’italiano può risparmiare sull’acquisto del libro, ma non rinuncia alla lettura. Sarebbe importante ritrovare la biblioteca come luogo di ritrovo e centro di conversazione e scambio di idee, come voleva Vittorini quando scrisse Conversazione in Sicilia. Questa è una cosa che colpevolmente non è ancora stata fatta.

Cosa si augura per questa edizione 2014?

Spero che gli editori ripartano da Torino, da questo bagno di folla, dall’incontro con questi meravigliosi lettori per ricominciare a battersi, un po’ più tonificati e rasserenati. Il problema non è loro, ma della società. La nostra è una società impoverita, che compra meno, fa meno e sa meno, quindi è un punto che tocca tutti.

Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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