Cadenze per la fine del tempo – Vittorino Curci

Titolo: Cadenze per la fine del tempo
Autore: Vittorino Curci
Data di pubbl.: 2023
Casa Editrice: Musicaos editore
Genere: Poesia
Pagine: 134
Prezzo: € 15,00

Per il poeta questo non è più il tempo di scrivere a salve. Dalla sua mano deve uscire una scrittura di fuoco contro questo nostro tempo che sta finendo.

Vittorino Curci in Cadenze per la fine del tempo sceglie la strada di una radicalità pensosa e con il sangue freddo scrive la sua poesia, osando un azzardo esistenziale che smaschera ogni tipo di finzione, uccide ipocrisia e menzogna.

Le cose non vanno bene e il poeta non tace. La parola come un colpo in canna è pronta a colpire il bersaglio. Davanti abbiamo il muro con il suo nero assoluto.

Vittorino Curci, come Emil Cioran, riflette sulla caduta nel tempo della nostra poco umana specie.

Ci conduce nel circo dell’inquietudine dove ci disperiamo nella speranza di uscirne vivi.

«Una civiltà esordisce col mito e termina nel dubbio; dubbio teorico che diventa dubbio pratico, quando lo rivolge contro se stessa».

A queste parole di Cioran tratte da La caduta nel tempo ho subito pensato quando ho iniziato a leggere il libro di Vittorino.

Sono numerose le affinità tra lo scettico dei Carpazi e il poeta pugliese.

Entrambi ci dicono che gli alfabeti si sono liquefatti e qui tutto si decompone perché prima di essere un problema di civiltà, è una faccenda individuale e, a questo titolo, esso ci riguarda indipendentemente dall’espressione storica che assume.

Questo tempo che ogni giorno cade sta finendo e accelera la nostra estinzione.

«Ora sostiamo nei pressi di una prigione / non siamo più in fuga e nessuno ci insegue, / diffidiamo delle belle parole / e le nostre biografie sono mute. / aspettiamo, aspettiamo in silenzio. / presto passeremo dallo sterile al fertile / dal tremore della mano a una scrittura di fuoco».

Per il momento lo sterile detta ancora le regole del gioco in questo nostro tempo che cade.

Viviamo un letargo dello spirito e della coscienza in queste terre sonnambule in cui ci specchiamo sfigurati, sfatti, smarriti.

Vittorino Curci prende in mano la situazione e accende fuochi con l’intenzione di appiccare incendi.

Abbiamo davanti il libro di un poeta dinamitardo che fa sua la lezione scettica di Cioran e come lui è convinto che per vivere, per poter anche respirare, dobbiamo fare lo sforzo insensato di credere che il mondo o i nostri concetti racchiudano un fondo di verità.

Cadenze per la fine del tempo è un triste giubileo di facce dimenticate. Il poeta viaggia sulla gondola lugubre dell’esistenza dove le parole sono sfinite e noi umani continuiamo a essere il cancro della terra.

«dov’è il finimondo? alle spalle o davanti?» si chiede il poeta.

Intanto tutto scorre, il tempo continua a finire e davanti abbiamo il vuoto in cui scorrono le ombre di un malinconico finale.

La poesia di Vittorino Curci è un coltello che ci squarta dentro.

 

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