Era il 2005 quando Luca Barbareschi, nella Fiction “Nebbie e delitti”, portò per la prima volta in televisione il commissario Soneri, che si aggirava nei paesaggi della pianura emiliana per risolvere delitti e misteri di provincia. Nel corso del tempo questo poliziotto solitario e ostinato si è trasformato andando a scavare nel quotidiano scoprire i lati più oscuri del nostro presente e nel contempo il suo ideatore, Valerio Varesi, giornalista de “La repubblica” di Bologna, ha avviato un’indagine a ritroso sull’Italia del dopoguerra attraverso “La sentenza” e “Il rivoluzionario”, editi sempre da Frassinelli.
Da autore di gialli si è cimentato poi nel romanzo storico. Da dove nasce quest’esigenza narrativa?
Sono due strade parallele. Da una parte con il giallo indago l’attualità e col romanzo per così dire storico faccio un passo indietro e cerco le cause che hanno portato all’oggi.
Faccio come Soneri, che quando indaga risale a ritroso nella vita del morto. Io di fronte all’omicidio della società, dell’economia della nostra vita, un buco nero in cui ci avvoltoliamo da otto anni ormai, analizzo il passato prossimo per capire dove tutto è cominciato.
Lei infatti è uno dei rappresentanti più significativi del giallo sociale italiano. Su cosa si concentra quest’ultimo romanzo, “La strategia della lucertola”?
Il mio intento è quello di mettere in luce gli aspetti non positivi dell’attuale situazione politica italiana. Come la lucertola si stacca la coda per depistare il predatore e mettersi in salvo, lo stesso fa il potere per sfuggire alle inchieste giudiziarie offrendo capri espiatori che possono soddisfare superficiali esigenze di giustizia, ma che nascondono il problema vero. E’ un vizio antico, se si pensa ad esempio a quanto accaduto per coprire i veri colpevoli delle stragi degli anni di piombo. In generale il giallo è costruito a partire da un delitto per arrivare alle cause che lo hanno determinato, che non possono che essere sociali, quindi alla fin fine è un romanzo sociale In questo caso lo costruisco attorno allo scandalo dell’arresto del sindaco di Parma, ma faccio una sorta di “prelievo istologico”, lo uso per studiare un tessuto più ampio e ne esamino il contenuto per trovare tante cellule malate
Il suo personaggio seriale, il commissario Soneri, appare deluso, arrabbiato, rassegnato.
Il commissario Soneri oggi è profondamente amareggiato e nell’interagire esprime una rabbia evidente. E’ un personaggio che si evolve romanzo per romanzo: ogni volta si racconta un po’ di più e il lettore lo scopre. Invecchia, non è sempre uguale a se stesso come molti della tradizione. In questo ultimo periodo è cupo, arrabbiato rancoroso nei confronti del male che lui sente essere esistenziale. Rappresenta una generazione che ha ereditato dai padri un’Italia molto migliore sotto tutti i punti di vista e consegnerà ai figli un’Italia molto peggiore.
C’è questo carico di negatività che gli pesa come un macigno: un mondo che non riconosce più, una Parma che lui sopporta soltanto di notte girando quando è deserta, in un rapporto quasi fisico con le pietre e stratificazioni lasciate dalla storia.
Nel romanzo è molto evidente questa disillusione politica, che coinvolge tutti…
La degenerazione non ha salvato nessuno. A partire dagli anni 80 la politica, quella vera come ho cercato di raccontare ne “Il rivoluzionario”, diventa un’ancella dell’economia di mercato, che è l’unico regolatore della vita sociale. Allora scompaiono le narrazioni della realtà costruite in modo diverso da destra e sinistra e rimane solo una visione mercantile.
Anche questo produce un effetto di appiattimento desolante per Soneri che ci aveva creduto da piccolo. Pensava di cambiare il mondo, in realtà il mondo è cambiato, ma in modo diverso da come lui si aspettava, si è involuto.
Nel suo libro utilizza soprattutto dialoghi diretti tra i personaggi. Come mai questa scelta?
Dal politico all’imprenditore è un mondo che vive in modo malavitoso. Mi piaceva mettere in scena le interazioni fra questi personaggi emblematici della realtà che viviamo direttamente attraverso le loro interazioni in particolare in questo libro che ha l’urgenza civile di raccontare un certo mondo.
Ho trovato significativo l’approfondimento su due “non-valori” che caratterizzano l’attuale situazione: la falsità, rappresentata dall’autore di quadri falsi Valmarini e la dimenticanza della storia e dei valori da parte una città e di un’Italia stordite da un pochino di ricchezza , come accade all’imprenditore arrivista Ugolini
Il primo dato sicuramente che caratterizza in gran parte l’opinione pubblica italiana è la mancanza di memoria. Siamo un paese con l’alzheimer e questo fa sì che chiunque salga su un barile o un piedistallo possa far credere ciò che vuole. Viviamo in un eterno trasformismo. La prima repubblica ha traslocato nella seconda come l’apparato fascista lo aveva fatto con la prima. Non abbiamo avuto come in Germania un processo di Norimberga. Questo consente di confondere il falso con il vero. Sono scomparsi i fatti, esiste solo il racconto dei fatti e questa è una dualità, ma è predominante per la predominanza dei mezzi comunicazione . Uno come Valmarini paradossalmente è il più onesto di tutti: è un falsario, ma nel suo dichiararsi tale diventa candido e sincero. Serve ad Ugolini, l’imprenditore arrivista, per accreditarsi al ceto superiore a livello culturale che a questo scopo si riempie la casa di croste che fanno scena
E’ un quadro estremamente desolante della politica e della società. Soneri ormai è rassegnato, ma secondo lei è recuperabile un rapporto con la verità e in questo senso che ruolo può avere il romanzo?
Tutti noi siamo a conoscenza di cose che non sempre riusciamo a dimostrare. Ci dobbiamo basare sui fatti, che però sono inficiati da azioni di depistaggio, quindi la letteratura, che attraversa la realtà con la metafora può portare il cittadino sulla soglia della verità . Quello che non si può scrivere sui giornali, la narrazione può dirlo, è il modo più libero per farlo. C’è un’urgenza civile e oggi la letteratura ha anche questo compito etico.
Recentemente è uscita per Guanda una raccolta di racconti, “Un inverno color noir”, che contiene anche una storia con protagonista Soneri.
Mi si chiedeva di raccontare in clima natalizio il quotidiano, la vita privata dei personaggi e io ho raccontato un’antivigilia di Natale in cui il commissario deve fare ordine pubblico per l’arrivo di un banchiere senatore . Il suo livore è evidente. Ho sperimentato uno stile celiniano molto icastico, violento, surriscaldato, che lo rende diverso da quanto ho scritto sinora. Era anche una prova stilistica per me. Per raccontare l’oggi, in cui assistiamo all’avverarsi di una farsa, in cui a resa si può essere delinquenti rimanendo totalmente incensurati , ci vuole il grottesco, così’ ho provato a utilizzare questo registro.
Ha citato Céline. Valerio Varesi che rapporto ha in genere con la lettura?
La lettura è indispensabile nella mia vita tanto quanto la scrittura. Ho cominciato a leggere molto presto ed è un vizio che non ho mai perso. Ho sempre un libro a portata di mano da aprire in ogni ritaglio di tempo. Ci sono delle letture per me obbligate, quelle di genere, di scambio con i miei colleghi giallisti e altre che sono maggiormente legate alle mie passioni. Ultimamente appunto sono innamorato di Céline: “Viaggio al termine della notte” e “Morte a credito” sono una rivoluzione stilistica e strutturale. Mi accompagnano in questo momento in cui sto lavorando al proseguimento del “Rivoluzionario” che si ferma al 2 agosto del 1980. Voglio raccontare altri trent’anni di storia della nostra Italia.