A tu per tu con… Saturnino

saturninoSe siete fan di Jovanotti non potete non conoscere il suo bassista, Saturnino Celani, noto al pubblico solo come Saturnino. Dopo anni passati su e giù dai palchi di tutta Italia, quest’anno ha pubblicato il suo primo album da solista, ma soprattutto la sua autobiografia, curata da Massimo Poggini, intitolata Testa di basso. Lo abbiamo incontrato al Salone Internazionale del Libro di Torino e siamo riusciti a fargli qualche domanda.

Non posso non farti questa domanda: come hai iniziato a suonare?

Diciamo che prima ancora di iniziare a suonare, ho iniziato a percepire la musica, quello l’ho manifestato subito, dai 3-4 anni; ascoltare musica mi dava e mi dà tutt’ora una grande esaltazione. Sono arrivato qui a Torino mettendo dei pezzi e cantandoli insieme in macchina. Ho iniziato comunque a 5 anni ho iniziato iscrivendomi al istituto musicale Gaspare Spontini della mia città e nello stesso anno in cui mi sono iscritto nei miei stessi corsi c’erano Edoardo De Angelis e Giovanni Allevi, entrambi menzionati nel libro. Ho iniziato suonando violino, poi sono passato dopo al basso.

Il tuo percorso è stato abbastanza trasversale, come mai?

Perché in realtà non riesco a fermarmi su un solo genere musicale, su una sola moda su una sola preferenza, cambio velocemente idea.

Nel tuo libro ho letto che Saturnino era il nome di tuo zio, che rapporto hai con il tuo nome?

Ho un rapporto meraviglioso. Anche quando mi prendevano in giro perché mi chiamavo come Saturnino ‘’Farandola’’ alle elementari. Anzi devo ringraziare chi mi ha dato questo nome perché non è un nome mimetico; già quando ti presenti per la prima volta rimani impresso magari a un altro che magari si chiama Luca o Marco, non perché non siano nomi belli, ma perché sono più di uso comune.

Hai un rapporto molto stretto con i tuoi fans attraverso i social media, ci tieni molto ad averli vicini?

Mi diverte relazionarmici, anche se quando trovo quelli che hanno molti problemi faccio molta più fatica. Nei social vale tutto. Trovi sempre persone che magari ti scrivono in privato e ti scrivono delle cose magari molto belle, che fanno piacere e a loro rispondo molto più volentieri.testa di basso

Raccolti molti retroscena di dietro le quinte nel tuo libro con i più grandi artisti di sempre, ce n’è qualcuno che non hai inserito nel libro e che vorresti dirci?

Magari ho dimenticato qualcuno ma non è escluso che faccia un volume 2 o 3. Un episodio legato alla musica non presente nel libro forse approfondirei qualche episodio o incontro trattato troppo superficialmente.

Quante volte sbuffi quando ti rivolgono le sette domande capitali?

No ormai sorrido, mi viene la risata isterica.

Mi dici qualcosa rispetto al tuo rapporto con la moda degli occhiali?

E’ stupendo perché innanzitutto ho avuto dei modelli negativi estetici in famiglia: mio padre si è sempre vestito nello stesso modo inverno e estate. Non ho mai visto mio padre con dei pantaloncini corti, forse solo per fare il bagno in mare. Mio padre ha sempre avuto i calzoni lunghi, la camicia a maniche lunghe, vestito quasi con una sorta di divisa. Invece mia madre che ha sempre adorato mettere sopramobili mi ha portato ad avere un minimalismo fortissimo, la casa dove vivo è molto semplice: ogni accessorio fa il suo, il divano fa il divano, è quadi come l’analogico: un tasto, una funzione. Poi è ricca di altre cose: di libri, di dischi e di vestiti appunto, di scarpe. Lascio spazio alle passioni.

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Riccardo Barbagallo

Lavoro da qualche anno nell'editoria, mi occupo di comunicazione per editori e autori e sono un digital addicted. Al contrario di altri, non mi posso definire un lettore da sempre, 'La coscienza di Zeno' in prima media è stato un trauma troppo forte da superare per proseguire serenamente la relazione con la lettura. Più avanti ho deciso di leggere un libro per piacere, e non per obbligo, ed è stato lì che ho capito quale sia la vera forza della lettura: la capacità di emozionare. Credo che sia questo il segreto, se così possiamo definirlo. Non ho più smesso.

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