A tu per tu con…Matteo Viviani

vivianiAl Salone del libro abbiamo incontrato uno scrittore in erba, bergamasco di nascita approda a Milano per seguire i suoi sogni. Nella grande città passa tutti i lavori più disparati dal cameriere al modello, anche se pochi sanno che in realtà è un disegnatore orafo e un maestro d’arte. Finalmente approda nel noto programma televisivo Le Iene, e da lì Matteo Viviani non si è più fermato. La dimostrazione che con l’impegno e la carica giusta ogni cosa è raggiungibile, al Salone presenta il suo primo romanzo La crisalide nel fango, una storia noir e pulp che, a suo dire,  sentiva il bisogno di scrivere.

La prima cosa forse banale che mi viene da chiedere è come mai hai deciso di scrivere un romanzo? Qual è il passaggio da Iena a scrittore?

È molto semplice, non c’è un passaggio! Nel senso che sono due mondi completamente opposti, o meglio il passaggio poteva esserci nel momento in cui avessi deciso di scrivere, come hanno fatto altri miei colleghi, un libro che parlasse a qualcosa che appartiene alla nostra professione come i retroscena delle Iene o backstage dei servizi più famosi. Tuttavia sarebbe stata una mossa alquanto scontata, ovviamente non vuole essere una critica per chi l’ha fatta ma la mia era un’esigenza differente. Questo romanzo è nato più dallo stomaco che dalla mia volontà, io dovevo farlo e quando mi sono finalmente deciso l’ho fatto, prima ancora di esserne consapevole.

Il romanzo si intitola “La crisalide nel fango”, ci spieghi un po’ il significato di questo titolo così curioso e particolare..

La crisalide rappresenta lo stadio ante della farfalla, una farfalla non ancora divenuta tale, in un certo qual modo può rappresentare anche l’adolescenza uno stadio in cui una donna non è ancora cosciente della potenza della sua femminilità e della felicità che potrà ricavare da essa. Nel fango perché sostanzialmente è la materia, quella materia che impedirà alla protagonista del libro, Sonia, di divenire farfalla.

La caratterizzazione dei due personaggi maschili del romanzo, Raffaele e Alessandro, è molto complessa e quasi inimmaginabile. Le storie che hai vissuto tramite il tuo lavoro alle Iene ha influenzato in qualche mcoverviviodo la psicologia di questi protagonisti?

No, assolutamente no, io sono matto per questo sono usciti così! Ho fatto però delle ricerche in internet su vari blog e forum di psichiatria e psicologia proprio per capire come tratteggiare una personalità che io avevo in testa ma che non sapevo come dipingere, nonostante questo però non c’è nulla che arriva dalla realtà.

Raffaele e Alessandro sono uno l’opposto dell’altro, credi che possano rappresentare i due volti della nostra società?

Credo che possano dimostrare che a volte dietro una completa diversità si può celare anche una similitudine. Nel senso che  Alessandro è così perché è un giovane sbruffone, si lancia nella vita e non gli importa di nulla e per questo non sottostà alle regole, e probabilmente non è divenuto come Raffaele perché ha fatto scelte opposte. Raffaele allo stesso modo è rimasto così chiuso nel suo bozzolo perché non ha mai osato, infatti lavora in comune, non esce mai, si rifugia in internet un luogo in cui non ci devi mettere la faccia. Questo penso che rappresentino.

Parlando invece di Sonia, lei vive purtroppo una vicenda comune a molte ragazze purtroppo. È stato difficile scrivere di lei avendo una bambina piccola nella tua vita pensando che magari potrebbe capitare anche a lei?

Ho scansato il pensiero, cosa che non ha fatto mia madre. Prima di presentare la prima stesura del romanzo alla casa editrice l’ho fatto leggere a lei e ad altre dieci persone, una volta letto mi ha raccontato le sue impressioni. Mi disse che questo libro le aveva lasciato un brutto senso di nausea che durò quattro giorni, questo mi ha lasciato incredulo perché è una donna che legge molto anche libri che raccontano di delitti ferrati, però questo l’aveva scritto suo figlio. Questo rende tutto più vero e rendi cosciente una madre che alcuni aspetti della psiche posso appartenere a tutti, anche a tuo figlio.

Il libro gira intorno a pochi personaggi, qual è il tuo preferito? Chi hai amato di più descrivere?

Max, senza dubbio, perché non ha filtri. Essendo malato di mente non segue determinate linee, lui vaga nell’ambiente intorno a sé, ed è stato molto bello perché crei un personaggio e lo fai vivere in  maniera libera come forse tutti noi vorremmo essere.

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