A tu per tu con… Massimiliano Comparin

Al Festival del giallo di Stresa (VB), svoltosi nel weekend tra il 15 eil 17 giugno e organizzato da Ambretta Sampietro in collaborazione con la Città di Stresa, la Pro Loco, il Distretto dei Laghi e con il patrocinio della Provincia del Verbano Cusio Ossola, tra un incontro e l’altro dei tanti che si sono succeduti, abbiamo avuto l’occasione di conoscere Massimiliano Comparin, autore del romanzo ” I Cento Veli”, edito da Dalai.  Ambientato tra Milano e l’Istria, va ad indagare quella parte oscura della storia d’Italia che riguarda l’esodo dei profughi di quella zona e la tragedia delle foibe.  E’ una storia che sta emergendo gradualmente dall’oblio e dai pregiudizi che la nascondono, ma ancora tanto si deve fare in questo senso. Questo libro poi ha una storia editoriale originale che eravamo curiosi di approfondire.

Com’è nata l’idea di scrivere un libro che avesse questo sfondo storico?.

L’obiettivo era di raccontare la storia della scomparsa di una ragazza, ma anche della scomparsa di una parte della storia italiana: ciò che accadde al confine orientale dopo l’8 settembre del ‘43 e perché l’Italia perse un pezzo del proprio territorio. C’è una ragione affettiva alla base di tutto ciò: io ho un carissimo amico in Croazia che si chiama Massimo Mofardin (quindi le sue origini non sono tanto diverse dalle mie…) che ha due figlie che hanno una storia unica:  pur abitando da generazioni sempre nella stessa casa in Istria hanno avuto un trisnonno che ha combattuto per l’Impero Austroungarico contro gli Italiani,  un bisnonno per gli Italiani contro gli Austroungarici,  un nonno per gli Yugoslavi contro gli Italiani, un papà per i Croati contro i Musulmani. Questo fa capire che in quei luoghi si sono giocati i destini dell’Europa e si è prodotto l’incrocio e talvolta lo scontro di identità differenti: quella latina, quella slava e quella germanica. Trieste è stata una città sempre alla ricerca del proprio entroterra, un centro multiculturale, commerciale (con la prima Borsa italiana) e ricco dal punto di vista intellettuale (Svevo, Joyce, Saba). Ho sentito quindi il desiderio di approfondire il perché dell’esodo, delle foibe e le complicate relazioni interetniche.

Il libro nasce nel 2007 e ha avuto una gestazione abbastanza lunga perché per trattare questi temi è necessaria una bella competenza; possono essere anche strumentalizzati a fini politici, quindi  per non essere attaccato li devi conoscere molto bene. A me interessava lanciare un messaggio esistenziale e non politico e chi ha letto il libro lo ha capito perfettamente.

D’altra parte però se non abbiamo consapevolezza di chi eravamo e da dove veniamo non sappiamo chi siamo e dove stiamo andando, quindi volevo anche esortare a conoscere questa parte della storia d’Italia che riguarda il confine orientale. Essa risulta centrale nella costruzione della nostra  identità nazionale, basti pensare alle tante vie e piazze dedicate a Trento, Trieste, Fiume. Dalmazia…

In quella zona la Seconda Guerra Mondiale è finita negli anni 90, quando sono esplosi i conflitti “congelati” dal regime di Tito.

In questo ambito ci sono alcuni dei “veli” da togliere, che danno il titolo al romanzo.

“I Cento Veli”, appunto: può spiegarcene il significato?

Il titolo viene da “Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenauer, quando si parla del velo di Maia, che è quel velo che non ti permette di vedere la realtà com’è. E’ il pregiudizio che nutre il protagonista per la sua vita e anche per la storia d’Italia. Indagando quest’ultima capirà molto di più del suo mondo  e man mano avverrà la caduta di questi continui veli: ciò gli permetterà di scoprire una a realtà molto diversa e molto più problematica di quella che aveva immaginato.

A questo punto le chiedo di illustrarci chi sono i personaggi che agiscono in questo romanzo.

Il personaggio principale è Gaia, che non c’è in nessuna pagina del libro, ma è sempre presente. Il protagonista è Alessandro, il suo compagno che la cerca. Lei infatti scompare a Milano mentre sono insieme. Lui in realtà non la conosce bene, sa poco di lei e cerca di avere maggiori informazioni. Man mano si accorge, come molto spesso accade nei rapporti, che era diventata una sorta di  “complemento d’arredo”. Innanzitutto però scopre se stesso tramite il diario di lei, in cui si legge diverso rispetto al vincente yuppy che credeva di essere. Coinvolge anche un maresciallo dei carabinieri che conduce le indagini sulla scomparsa e c’è un gioco tra loro molto carino tra loro perché il maresciallo è colto, ha studiato filosofia e adora Schopenauer.

Qual è il ruolo dei sentimenti in questa vicenda?

 I “Cento Veli” è anche un romanzo di formazione. Il protagonista è continuamente in ricerca: non sa niente, impara delle cose mentre compie delle azioni alla scoperta di una persona perché ha un obiettivo, poi quell’obiettivo diverge perché le cose cambiano in itinere. Non è una persona che ama. C’è una grandissima storia d’amore in questo libro che è l’amore filiale tra Gaia e il padre: tutto ruota attorno a questo rapporto molto forte che come spesso accade sconfina nell’odio. L’odio è una forma d’amore:  bisogna stare attenti alla gestione dei sentimenti quando diventano molto forti e questo un po’ è il rapporto tra Gaia e il padre. Quello che smuove il protagonista è anche il senso di colpa, altro grande motore di questo libro. Esso è legato a cosa avrebbe potuto fare Alessandro nei confronti della ragazza, perchè è convinto di non averla amata abbastanza. La trascurava perché viveva nel lusso e nel consumismo e la donna era uno status symbol. Non volevo raccontare grandi storie d’amore ma grandi passioni, che muovono i popoli alla guerra e le persone a farsi del male.

 So che la storia editoriale di questo romanzo è molto particolare. Ce ne può parlare?

Il libro è stato pubblicato la prima volta da una  piccola casa editrice  di Varese con la quale abbiamo lanciato un’attività che mi sono sostanzialmente inventato: il booksharing. L’editore mi ha stampato 500 copie gratuite su cui era scritto: “Caro lettore questa copia è per te, è un omaggio. In cambio ti chiediamo di leggerla e di donarla a qualcun altro”. Abbiamo iniziato a presentarlo nei foyer dei teatri, a persone tendenzialmente interessate alla lettura. Il libro aveva una prima pagina che firmavo, veniva poi siglata  dal lettore che si impegnava a leggerlo e a passarlo. Hanno cominciato a circolare copie con pagine di firme, così si  è iniziato a parlarne e ha anche vinto un premio letterario. L’ho quindi passato al direttore editoriale di Baldini e Castoldi, che è stato conquistato dalla storia tanto da dare al libro una seconda vita.

Quale messaggio può trasmettere agli “Amanti dei Libri”?

Il mio messaggio riguarda la scrittura: impari a scrivere quando vai alle elementari, sostanzialmente quando impari ad andare in bicicletta e io vedo un parallelismo tra chi scrive e chi va in bici. Praticamente tutti vanno in bici, ma non è detto che  vincano il Giro d’Italia. E così anche per la scrittura: è un’attività sanissima, che “apre la mente” e che dovrebbero fare tutti, ma non per forza per vincere un Premio e in caso contrario sentirsi falliti.  Se mi dicessero di rinunciare a leggere o a scrivere, io rinuncerei a scrivere: scrivo pochissimo e leggo tanto. Nonostante questo penso sia giusto che tutti scrivano, poi è da lì che esce la qualità.

Massimiliano Comparin ci saluta e noi lo ringraziamo per averci trasmesso con grande passione la voglia di approfondire una tematica e una storia, quella de “I Cento Veli”, che si preannuncia ricca di spunti di riflessione.

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Milanese di nascita, ha vissuto nel Varesotto per poi trasferirsi a Domodossola. Insegnante di lettura e scrittura non smette mai di studiare i classici, ma ama farsi sorprendere da libri e autori sempre nuovi.

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