Hugh Howey: il suo apprendistato letterario può essere definito davvero unico nel suo genere. Inizia a lavorare come capitano su una nave e poi, dopo aver incontrato l’amore della sua vita, abbandona il mare per trasferirsi sulla terraferma dove lavora come libraio per anni. Durante il tempo libero dà sfogo alla sua creatività scrivendo.
Wool è stato il suo primo romanzo, ci racconterebbe del suo successo?
Wool nasce per caso. Inizialmente era un racconto che ho auto pubblicato on line e che non contava più di sessanta pagine. La storia originale aveva un finale aperto che doveva lasciare al pubblico un senso di incertezza. Il successo del romanzo è dovuto solamente al caso; infatti non è stato scoperto tanto da lettori appassionati dal genere fantasy o thriller, quanto dagli amanti dei lavori a maglia (Wool in inglese significa “Lana”) che cercando consigli su internet si imbattevano nel mio racconto e iniziavano a leggerlo, pensando che fosse una guida. Col tempo ho ricevuto sempre più richieste su come continuasse la storia, finchè non ho deciso di riprendere in mano il mio lavoro e, con l’aiuto dei miei lettori e i loro suggerimenti, l’ho ampliata fino a renderlo il libro che è oggi.
Il suo libro riscuote un successo immediato. Non sono solo le case editrici a farsi la guerra per accaparrarsi i diritti del libro, ma anche gli studi cinematografici. Wool diventerà presto un film diretto dal regista Ridley Scott. Molti autori sono assai gelosi della loro opera e spesso prendono parte personalmente alla stesura del film o nella scelta del cast. Lei come si è posto al riguardo?
Non mi sono posto. Sì, sono stato interpellato e ho dato alcuni consigli e qualche indicazione su come avevo immaginato, nella mia mente, la storia. Per il resto sono abbastanza fiducioso del lavoro che farà la Fox, lavoro al quale hanno deciso di dare la massima priorità. Ritengo che ci siano persone più che competenti al lavoro su quel progetto e, se mi aggiungevo anch’ io, forse sarei stato di troppo. Troppa gente su uno stesso progetto significa fare confusione. Per quanto riguarda la scelta del cast non ho preferenze. In realtà mi piacerebbe molto che scegliessero attori che non sono ancora famosi, magari qualche talento che si vede sporadicamente su qualche talk show la sera tardi, come successe con Harrison Ford molti anni fa. Quando vedo un film in cui recita un attore famoso, per esempio Brad Pitt, guardando lo schermo non penso alla storia che viene rappresentata ma all’attore e mi viene da dire “Quello è Brad Pitt…..aspetta… ma perché diavolo è vestito da poliziotto?”. Non mi convince, non perché l’attore non sia bravo ma perchè è troppo famoso e quindi mi concentro sulla sua fama. Per quanto riguarda il film basato sul mio libro, vorrei che la gente si concentrasse sulla storia e non sul cast. Sarebbe una buona opportunità anche per un attore finora sconosciuto al grande pubblico, quella di dimostrare il suo talento e farsi un nome. In fondo anch’ io, fino a poco tempo fa, ero un perfetto sconosciuto.
Le sono stati proposti vari contratti, ma alla fine ha deciso di tenere per sé i diritti digitali dell’opera e quelli cinematografici. Possiamo definirla un primo esempio di cambiamento nel campo autore- casa editrice?
No. Non credo. Non mi considero un simbolo del cambiamento. Sarebbe successo comunque, prima o poi. Si dà troppa importanza a quello che possiamo definire “la persona giusta, al momento giusto, nel posto giusto”. È successo a me, come poteva succedere a un altro. Io ho voluto tenere i diritti digitali perchè , come libraio, so quanto breve sia il tempo che viene concesso a un libro sugli scaffali di un negozio prima che un nuovo best seller lo cancelli. Per quanto riguarda il contratto per la versione cartacea, è vero ne ho rifiutati molti, ma quando ho trovato il giusto compromesso ho firmato volentieri.
Torniamo al romanzo. Il mondo che descrive è un mondo cupo e tetro, senza speranza, dove l’aria è irrespirabile, non esiste alcuna forma di vita sulla terra e l’umanità è costretta a vivere in silos sotterranei per un totale di centocinquanta piani scavati nel terreno. La società dei silos è una società crudele, strettamente divisa in classi alte, medie e basse dove la condanna peggiore è quella di essere estratti a sorte ed essere condotti all’esterno a pulire gli schermi che consentono al resto degli abitanti di vedere la desolazione esterna. Cosa l’ ha spinto a formulare questa idea?
Da un punto di vista letterario molti libri o serie televisive. Da un punto di vista personale…beh questa è l’idea che ho del mondo. A volte penso che anche noi viviamo in una sorta di Silos rispetto allo spazio sconfinato che ci circonda. La terra intera è il nostro silos, fuori da questa non possiamo respirare e moriamo. E anche noi, come nel mio libro, siamo strettamente divisi in classi. Ci sono i ricchi, ci sono le persone medie, e chi è povero.
Questo libro è dedicato a qualcuno in particolare?
Sì. Il libro è dedicato a chiunque si sforzi di trovare la verità, a chi non si arrende, a chi vuole fare del mondo un posto migliore anche a costo di sacrificarsi, perchè c’è gente che sacrifica ogni giorno la sua vita affinchè le future generazioni vivano meglio.
Parliamo dei personaggi. Il protagonista è un personaggio femminile,una donna dal carattere forte e determinato. Anche la figura del sindaco (sempre una donna) risulta essere assai determinata. Mentre i cattivi, i pavidi, sono gli uomini. Una casualità o una scelta voluta?
Scelta voluta. Sono cresciuto con mia madre che ha dovuto allevare praticamente da sola tre figli e per farlo ha dovuto fare più lavori. Anche mia moglie è una donna tanto tenace quanto resistente e paziente. Ho pensato alle donne come protagoniste perchè ancora oggi devono lottare contro la discriminazione ovunque: nelle aule, sul posto di lavoro, nella retribuzione. E lo fanno senza arrendersi e senza perdersi d’animo.