Haley Tanner è un’autrice americana al suo esordio con il libro “Cose da salvare in caso di incendio” – edito da Longanesi – e quando l’ho incontrata, lo scorso 23 Settembre, quello che sapevo di lei era che ha 28 anni, che è nata nel Bronx e che si è successivamente trasferita a Brooklyn dove ha insegnato inglese in una scuola per bambini stranieri. Sapevo anche che la sua è stata un’infanzia felice vissuta all’interno di una famiglia amorevole con una madre, inserita più volte dalla rivista Forbes fra le 100 madri dell’anno da imitare, che l’ha sempre supportata qualsiasi scelta facesse ed un padre tuttofare meglio conosciuto come Astroman (l’uomo che poteva fare qualsiasi cosa). La sua foto sulla quarta di copertina mi aveva dato l’idea di una ragazza semplice, acqua e sapone e dopo averla incontrata non posso che confermare questa prima impressione. Al mio arrivo all’albergo dietro al Pantheon, dove ha alloggiato durante il suo breve soggiorno romano, mi sono trovata di fronte ad una ragazza all’apparenza più giovane dei suoi 28 anni, vestita in modo semplice, con un atteggiamento molto gentile ed un sorriso aperto e cordiale cui è venuto spontaneo dare del tu. Così, dopo averla ringraziata per il tempo che ci ha dedicato ed aver ricevuto la più educata delle risposte, ho cominciato a parlare con lei della sua opera prima: Cose da salvare in caso di incendio. Ed ecco a voi il risultato.
Intervistatore: Per entrare subito nel merito del libro volevo parlare un po’ dei due protagonisti Vaclav e Lena. Sono entrambi due bambini di sei anni, entrambi figli di immigrati ed entrambi con delle, definiamole così, difficoltà ad interagire con i loro coetanei ed anche fra di loro. Tutto questo fino a quando non scoprono la magia; magia che diventa per loro un collante e questo mi porta a chiedermi: tu credi alla magia?
Autrice: Assolutamente sì. Io credo nella magia. Intesa però come la capacità che ognuno di noi ha di creare la propria fortuna e di conseguenza la propria felicità. In molti casi questo significa riuscire a trovare la luce anche nelle parti più oscure della nostra vita e sia Vaclav che Lena utilizzano questo tipo di magia per portare la luce nel loro mondo. Per Vaclav la magia è un mezzo per cercare di esercitare un qualche controllo sulla sua vita e lo stesso accade a Lena. Anche lei sente l’esigenza di riuscire a controllare l’ambiente che la circonda e cerca nella magia un modo per farlo.
Quindi possiamo affermare che la frase pronunciata da Vaclav verso la fine del romanzo, quando Lena dopo averlo ritrovato gli espone il suo progetto di tornare in Russia, tratta dalla biografia di Houdinì che dice : “ Se ho fatto cose che in realtà non avrei potuto fare è perché mi sono detto devi” ( frase che si può tradurre con “ volere è potere”), tu la condividi?
Certamente. Penso che il fatto stesso che abbia perseguito il mio sogno di diventare scrittrice ed abbia scritto questo libro lo dimostri. Tutto questo è stato possibile proprio perché ho pensato che dovevo farlo. La nostra vita è un bene preziosissimo del quale non conosciamo la durata e quindi, secondo me, è molto importante cercare di realizzare i propri sogni, fare ciò che realmente si vuole e questo si può ottenere solo se non si ha paura di fallire, se si crede fermamente che tutto è possibile.
Dunque ti ritieni una persona fondamentalmente ottimista…
Oh sì, decisamente sì.
Tuttavia in una tua precedente intervista, naturalmente se non ho interpretato male io le tue parole, hai dichiarato di provare una maggiore difficoltà nel descrivere i personaggi che ti sono più vicini e che, nello scrivere questo romanzo, tali difficoltà le hai incontrate principalmente con il personaggio di Lena che hai detto esserti molto caro. Questo non è in contrasto con il tuo ottimismo? Mi spiego meglio. C’è un punto del libro, secondo me emblematico, in cui ci descrivi Lena quando sta andando per la prima volta a casa della zia ed è in macchina con lei. Nel brano scrivi che Lena “ sapeva di doversi allacciare la cintura di sicurezza, ma l’idea di muoversi, di spostarsi nel piccolo quadratino del sedile la spaventava” e il viaggio stesso, chiara metafora dell’approccio negativo quasi pessimistico di Lena nei confronti della vita, viene descritto come: “ un viaggio lungo, pieno di sobbalzi, di curve, con la musica ad alto volume”. Come spieghi questo contrasto?
In realtà quando ho affermato che Lena è il personaggio che mi è più vicino intendevo dire che sono stata anche io una bambina di sei e nove anni ed un’adolescente di diciannove. Mi è stato molto più facile immaginare un bambino di nove anni dal momento che non lo sono mai stata. Per il resto Lena è molto diversa da me anzi, ho intenzionalmente cercato di crearla così diversa per facilitarmi. Io ho avuto un’ infanzia molto felice, sicura e protetta quindi tuto quello che ho raccontato di Lena ho dovuto inventarlo distaccandomi dalle mie esperienze. Chiaramente ci sono dei punti di contatto fra me e lei come per esempio l’essere andate a scuola ed è stato in questi casi che mi è risultato più difficile usare l’immaginazione liberamente. Faccio un altro esempio: descrivere la madre di Vaclav (Rasia n.d.r.) non mi ha creato problemi ma questo perché non sono mai stata madre. Ecco spiegato il contrasto fra il mio ottimismo e Lena con la sua vita travagliata ed il suo approccio negativo alla vita.
Parlando di madri. Le figure materne nel racconto sono, almeno in teoria, secondarie. In pratica però, volenti o nolenti, finiscono con l’assumere un ruolo di primo piano e questo perché Vaclav è un bambino la cui madre è sempre presente qualunque cosa succeda, mentre Lena subisce l’abbandono materno e contemporaneamente è a causa di Rasia che i servizi sociali la vanno a prendere e la portano via.
Sì, i genitori in questo libro finiscono con l’essere un po’ i propulsori della trama, una sorta di deus ex machina. Certo Vaclav ama pensare di essere lui l’artefice di sé stesso, di avere il pieno controllo sulla sua vita ma non è così: Rasia è sempre presente. Parallelamente anche i genitori di Lena con il loro abbandono e la loro totale assenza diventano come degli attori invisibili che determinano molti degli eventi. Io non lo avevo di certo pianificato quando ho cominciato a scrivere. La mia personale esperienza della scrittura si può paragonare alla guida di notte: si vede solo fin dove arriva la luce dei fari a tre forse quattro metri di distanza, non oltre. Allo stesso modo quando ho cominciato il romanzo non avevo tutta la trama già svolta in testa ma si è sviluppata mano mano che avanzavo nella stesura. Rasia per esempio si è conquistata un grande spazio nel libro senza che io lo volessi; semplicemente non ho potuto farne a meno, non sono riuscita a fermarla.
Lo possiamo definire personaggio scappato allo scrittore?
Sì, si è impadronita degli spazi ed ha preso il controllo.
Parliamo di Vaclav. Una sua caratteristica che mi ha molto divertito e contemporaneamente anche colpito è la sua ossessione per le liste: lui affronta qualunque problema, qualsiasi situazione della sua vita componendo delle liste che ne contengano, passo dopo passo, le soluzioni e/o i possibili risvolti. Tu hai delle tue liste?
Io ho una serie infinita di liste. La vita certe volte può essere un’ esperienza travolgente e si corre il rischio di esserne sopraffatti. In queste circostanze scomporre le cose in una serie di piccoli passi da compiere uno alla volta aiuta. A volte l’unico modo di affrontare determinate situazioni è dirsi che bisogna farlo per forza e qui mi rifaccio alla citazione di prima tratta dalla biografia di Houdinì. Ti dirò di più. Per farti capire quanto io ami le liste ti posso raccontare che il mio attuale ragazzo al nostro primo appuntamento mi ha portato a visitare una mostra di liste scritte appartenute a scrittori e personaggi famosi contenenti i loro appunti. Credo che questo dia un’idea di quanto io ci tenga alle liste.
Ma poi fai come Vaclav che le mette sotto al letto oppure le spunti voce per voce?
Cerco di spuntarle mano mano che procedo anche se devo ammettere che qualcuna finisce messa da parte. D’altro canto succede a molte persone di fare così, no? Ci sono liste che vengono messe da parte come se fossero state già spuntate voce per voce mentre invece non lo sono. Io però sono molto organizzata e le conservo in delle scatole dove ci sono anche i miei vecchi tacquini, tutti rigorosamente etichettati.
Questo vuol dire che ogni tanto le ritiri fuori e le ricontrolli?
Beh in effetti mi è successo di andare a riguardarle. Sono una persona organizzata e mi è capitato di ritirare fuori i primi appunti riguardanti questo libro, quando era ancora agli inizi, e devo ammettere che è stato divertente.
Tornando al libro. “Cose da salvare in caso di incendio” è un racconto a tratti romantico, una sorta di favola, che si conclude senza un epilogo. A differenza di quanto succede in altri casi non ci proponi i personaggi, a chiusura del libro, dopo dieci o vent’anni, ma tu riesci ad immaginarli? E se la risposta è sì, come li immagini?
No, non riesco assolutamente ad immaginarmeli. Anche l’editore americano mi ha chiesto di scrivere un epilogo ma io mi sono rifiutata, Sarebbe stato come descrivere Cenerentola ed il Principe Azzurro dopo vent’anni di matrimonio alle prese con la realtà quotidiana. Riesci ad immaginarli con figli, alle prese con un mutuo da pagare , l’aspirapolvere da passare ed alla ricerca di una babysitter? Si rovinerebbe la magia della fiaba. A parer mio un autore dovrebbe sempre sapere quando fermarsi. Inoltre ritengo sia una buona cosa lasciare ai lettori la possibilità di immaginarseli come vogliono loro.
Insomma cari amici seguendo quella che, pur lasciandoci a volte l’amaro in bocca, si può considerare una buona abitudine degli autori non vi resta che comprare il libro, seguire le vicende di Vaclav e Lena ed immaginare il finale a voi più consono.
Buona lettura a tutti.