Una storia che parla di un vecchio, un bambino e un animale. E di quell’insieme di norme che si chiama Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. A ventiquattro anni da quell’approvazione, Giorgio Scaramuzzino, ospite a Bookcity Milano, racconta il suo toccante, emozionante libro, “Un asino a strisce” (Salani editore, illustrazioni di Gek Tessaro), muovendosi sulle corde della sensibilità. E lo fa davanti a una platea di bambini e di adulti alla Libreria dei Ragazzi di Milano, nata, prima libreria italiana dedicata esclusivamente a bambini e ragazzi, nel 1972 da Roberto Denti e Gianna Vitali.
“Tutte le volte che sono qua dentro – il ricordo di Scaramuzzino – sono emozionato, perché qui ho conosciuto una delle persone che più ho amato e a cui dedico gran parte del mio lavoro”. Un ringraziamento a Roberto Denti, mancato nel maggio scorso, un grazie, ha sottolineato ancora l’attore, regista e autore, “per tutto quello che ancora mi darai”.
Il libro “Un asino a strisce” nasce da una notizia che nel 2009 fece il giro del mondo. Nella Striscia di Gaza, devastata dal “Piombo Fuso”, il direttore di un piccolo zoo, non potendosi “permettere le zebre”, dipinse due asini di bianco e nero. Da quella notizia, da quegli asini che non erano zebre, è nato questo libro, di una profondità eccezionale, dove l’asino trasformato in zebra è solo uno. Particolare che però non cambia nulla al significato della narrazione.
E Scaramuzzino alla Libreria dei Ragazzi narra, intervallando il racconto di “una storia che mi fa molto piacere raccontare, perché mi piace tanto” con quanto recitano gli articoli della Convenzione sui diritti dell’infanzia.
Parla di Talal, il bambino protagonista della storia, e intanto racconta dei bambini nella Striscia di Gaza, racconta di come vivono, degli strascichi che il Piombo Fuso ha lasciato su di loro, sulla loro salute, sulla loro acqua. Parla di Aidha, la zebra dello zoo, la zebra veramente zebra, con cui Talal fa amicizia e che viene uccisa dall’offensiva del Piombo Fuso. Parla di Nidal, il vecchio guardiano che, con l’aiuto dell’amico pittore Timur, trasforma un asino in zebra per ridare il proprio amico al bambino. Parla di una storia di un’amicizia profonda tra umani e tra umani e animali, di una prova d’amore, di rischio per ricominciare. Che neppure la guerra riesce a scalfire, a intaccare.
“Nella storia che vi ho raccontato – conclude Scaramuzzino – tutte le cose che vi ho detto, proprio tutte le cose che vi ho detto, tutte le cose che vi ho detto, tutte le cose che vi ho detto sono vere. Solo tre sono bugie: nello zoo reale le “zebre false” sono due, il pittore non si chiama Timur e Talal non esiste. Ma di Talal ne esistono almeno ottocentomila”.