Nato a Roma nel 1953, Pierangelini conta fra i pochissimi cuochi laureati. Trasferitosi in Toscana nel 1980 apre il suo celebre locale, il Gambero Rosso di San Vincenzo, che diventerà un luogo privilegiato per cultori dell’alta cucina. Considerato per lungo tempo primo Chef d’Italia da gran parte della critica gastronomica, nazionale e non solo, Pierangelini resta “attaccato” alla cucina, preferendo alle luci della ribalta ultimamente vengono riservate ai grandi Chef, quelle più calde dei fornelli. Per la vocazione e il talento è stato definito “il campione di una cucina umanistica, che mette al centro l’uomo, il cuoco, l’artista, piuttosto che il prodotto o la tecnologia.”
In questo panorama in cui il cuoco diventa una figura di moda, sempre più opinionista che cuoco, come mai lei ha scelto di rimanere in sordina e di non sfruttare la sua esperienza e la sua fama per diventare un vip come quelli in televisione?
Innanzitutto io ho fatto televisione in tempi non sospetti: nel 1982 seguivo un programma su Rai2 cinque giorni alla settimana prima e dopo il telegiornale dell’una; ho deciso successivamente di tirarmi indietro, non per un eccesso di snobismo, ma credevo e credo tutt’ora che il rischio abbastanza grande sia di lasciarsi poi prendere la mano e diventare dei saputelli. Io credo fondamentalmente di essere un cuoco, fermo restando che mi sono laureato, e spesso faccio moltissime cose all’estero, dove non c’è rischio di strumentalizzazione ma solo la gioia di poter parlare. Adoro fare la televisione, mi piace farmi truccare, mi piace l’adrenalina della scena, ma al tempo stesso riesco ad avere la forza di dire di no quando il programma o qualcosa di esso non mi piace.
Parlando della sua immagine, oltre che il suo lavoro, lei è stato definito l’uomo più sexy del mondo e la sua cucina la più sexy del mondo. Cosa rende un piatto sensuale?
Un piatto sensuale per me è semplicemente un piatto frutto di una serie di attenzioni sensuali che dedico alle mie materie prime, come le tocco, le accarezzo; alla fine il piatto stesso diventa sensuale, anzi non so se lo diventa, ma so che io ci ho messo tutta la mia passione con ingredienti con i quali trovo attrazioni, colpi di fulmini, innamoramenti. E’ tutto il percorso che deve essere sensuale, il piatto in se stesso non è sensuale, o afrodisiaco, non serve a niente e non significa niente finché non lo rendi tale.
Lei ha avuto una cattedra all’Università di Fisica di Parma in Estetica e creazione gastronomica. Come si sposano la Fisica e quello che è l’aspetto di un piatto?
Il professor Cassi, che è un mio caro amico, più bravo esperto di me, ha messo a disposizione le sue conoscenze di Fisica per la Gastronomia. Io io ho sempre seguito un percorso molto vicino all’ingrediente, molto di sensibilità, e non ho mai utilizzato scorciatoie scientifiche, ma per fare questo dovevo conoscerle perfettamente, sarebbe da stupidi dire non “mi piacciono” a priori. Io le ho usate con il professor Cassi che dopo la nostra esperienza dice di aver cambiato rapporto con la fisica molecolare dopo di me: io ho dato l’impulso, ma ho a mia volta imparato tutto per poterlo poi non usare. Quando mi ha chiesto di insegnare in questo corso ho accettato con grande gioia, è stato il mo ringraziamento a tutto ciò che mi ha dato. È stata una bella esperienza insegnare, anche se in realtà più che lezioni erano One Man Show quelle che facevo; erano lezioni lunghissime di quattro e cinque ore e, nonostante di solito l’attenzione cali dopo una quarantina di minuti, quando arrivavo alla fine i ragazzi si alzavano e mi applaudivano: lo spettacolo era riuscito e sapevo di aver passato a loro i miei pensieri e questa è stata la soddisfazione più grande.
Nel suo ristorante “Il Gambero Rosso” ci sono anche state celebrità? Ha mai fatto menù studiati apposta per loro?
Premetto che io da piccolo ero uno di quei bambinetti che rincorrevano gli attori per farsi fare l’autografo, ma a questa domanda risponderò “sgarbatamente”: quando qualcuno di loro veniva nel mio ristorante facevo sì di tutto perché fossero contenti, ma alla fine la diva ero io e non loro!
Qual è la soddisfazione più grande della cucina dopo tutto il suo percorso?
La cucina è una parte della mia espressione. La cucina per me è un urgenza, non ho mai preparato i piatti a tavolino, io entro in cucina perché è una mia necessità fisica, compongo e concludo un piatto mandandolo in tavola così, senza abbellirlo ulteriormente, con l’energia che l’ha animato ancora viva: un piatto per me è il frutto di un emozione e la cucina mi ha dato possibilità di espressione rendendo tutto quello che c’era intorno era un viaggio meraviglioso. Non ho la presunzione di aver capito tutto e, anzi, ogni giorno desidero imparare qualcosa e scoprire qualcosa: la cucina è stata il mio mezzo di espressione, mi ha portato gioia, emozione, malinconia, tristezza successo, ma ho deciso che questa è forse una parte importante della mia vita e va bene così.