Milano, anni ’50. E’ da qui che parte la narrazione di Vertigine di Erica Arosio e Giorgio Maimone, Dalai editore. Abbiamo avuto l’opportunità di rivolgere qualche domanda agli autori in una bellissima intervista doppia: vi riportiamo quello che ci hanno raccontato.
Per la prima volta vi trovate a scrivere un romanzo a quattro mani. Come si è svolto il vostro lavoro? Come sono nati i diversi spunti per la trama e come vi siete suddivisi la stesura dei capitoli?
Erica – Siamo dei grandi appassionati di storie. L’inizio di tutto è stata una storia che abbiamo iniziato a raccontarci, a plasmare, ad arricchire. E ne abbiamo parlato proprio col gusto dell’affabulazione per un paio di settimane. Quando abbiamo definito a grandi linee la trama, abbiamo cominciato a chiederci come raccontarla, come “scansirla”, come sceneggiarla. Un altro po’ di lavoro. Una volta definita la “scaletta”, ci siamo divisi democraticamente i capitoli e ciascuno ha scritto i suoi, ma subito ci scambiavamo il lavoro, discutendolo. In sintesi: ideazione comune, scrittura individuale, revisione condivisa. Vertigine è davvero un libro a quattro mani, per tutti i difetti e gli eventuali pregi rivendichiamo una totale corresponsabilità.
Giorgio – Abbiamo messo in pratica il marxismo. Prassi, teoria, prassi. Tanto per stare al passo coi nostri personaggi.
La vostra passione per il cinema traspare da ogni pagina del romanzo. Si immagina già la trasposizione sul grande schermo. Quali attori e attrici vedreste nel ruolo dei protagonisti?
Erica – Sarebbe bello poter avere gli attori degli anni Cinquanta. Renato Salvatori come Marlon, Bogart come Tom, Jane Crawford come Bianca Bellini, Olivia de Havilland come Greta… Un meraviglioso cast tutto in bianco e nero…
Giorgio – Vediamo un po’: proverò a parlare di attori un po’ più contemporanei. Marlon come Pierfrancesco Favino, Alberto come Brad Pitt, Tom come Richard Geere, Greta come Alba Rohrwacher, Iole senza dubbio è Brigitte Bardot, Maria è un tipo alla Goldie Hawn e Pedullà lo vedo come Domenico Modugno. Una co-produzione Italia-Usa.
Protagonista assoluta di Vertigine è Milano, una città tutta da scoprire con i suoi luoghi di ritrovo più famosi, dal bar Taveggia al Jamaica, da Brera ai quartieri della mala, quelli con le case di ringhiera. Come siete riusciti a rendere la magia del tempo e il fascino di una città che forse non tutti conoscono?
Giorgio – Semplicemente amandola. Milano è una città molto simile a una bella donna. Avete presente? Una di quelle da film americani: crocchia nei capelli, occhiali, abiti dimessi. Poi scioglie i capelli, si toglie gli occhiali e si veste da vamp. Ecco che appaiono occhi meravigliosi e trasparenti come i suoi cieli, curve da brivido come la sopraelevata di Lesmo e riflessi ramati tra i capelli che potevi forse solo soltanto sognare. Ma per vedere la bellezza sotto la maschera occorre essere innamorati. Ho amato Milano di un amore tenero e disperato dai miei 20 anni fino ai 40. Poi è arrivato Berlusconi…
Marlon, detective, ex pugile ed ex comunista, Greta donna forte e spavalda nel suo mestiere, ma fragile e spaventata nel privato, Tom il bell’avventuriero senza scrupoli. Ci parlate un po’ di loro?
Erica – Umberto Eco dice che una citazione fa sorridere, cento commuovono. Noi nei nostri personaggi ne abbiamo suggerite decine. Greta è una summa della femminilità ingabbiata degli anni Cinquanta piena di voglia di indipendenza e soffocata da traumi personali e moralismi sociali. Una donna che racconta perché fosse inevitabile la rivoluzione degli anni Settanta. Tom è l’avventuriero, l’uomo che non soffre di mal d’Africa ma di mal di mondo, l’uomo misterioso che è sempre dove accadono le cose. Insomma, un personaggio da romanzo.
Giorgio – C’è una frase di Simenon, mutuata da Balzac che mi piace citare. Chi è un personaggio? Una persona qualunque spinta al limite di se stesso. Ecco, Marlon è un tipo qualunque, calato in una situazione eccezionale.
Un ruolo particolare viene assunto dai personaggi secondari, dalle portinaie “depositarie del sapere” al fornaio amico di Marlon, dai portieri dei grandi alberghi alle commesse della Rinascente. Tutto fa pensare con nostalgia a un tempo quasi mitico. Li avete creati per questo?
Giorgio – Il dato buffo è che non li abbiamo creati. C’erano. Erano il tessuto sociale. Abbiamo dato solo fiato ai ricordi. Ai nostri e a quelli dei nostri genitori. Che sono poi le persone che hanno animato la Milano di quegli anni.
Un’altra sua passione, Erica, è quella per la Francia con la sua musica, il cinema e il fascino della Ville Lumière. Quale ruolo assume per i protagonisti del libro?
Erica – La Francia è l’altrove di Greta. E’ la sua fuga e il suo modo di emanciparsi dal provincialismo italiano. Io personalmente subisco molto il fascino d’oltralpe, mi commuovo solo all’idea di passeggiare sul lungo-Senna con un libro antico sotto il braccio, penso che a Parigi non ci siano mai passi perduti e credo che a Parigi si sia inventata la modernità. Lo crede anche Greta a cui abbiamo regalato un’amica esotica. Anouk, figlia di un diplomatico francese e di un’algerina, giornalista di L’Expres che nasceva in quegli anni e pasionaria della causa d’indipendenza del suo paese. Anouk è appunto l’altrove di Greta.
Come siete riusciti a ricostruire in modo tanto dettagliato la storia, la politica, gli eventi e l’atmosfera che caratterizzavano gli anni Cinquanta?
Erica – Abbiamo letto i quotidiani d’epoca, una miniera di dettagli e un tuffo in un linguaggio dimenticato (nei titoli si parla spesso di “banditi” dando al termine un connotato quasi eroico), abbiamo rivisto film d’epoca (“Rocco e i suoi fratelli”, “Milano nera”, con sceneggiatura di Pasolini, “Poveri ma belli”, “Fino all’ultimo respiro”), abbiamo guardato le meravigliose foto di Mario Carrieri che proprio nel 1958, da marzo a ottobre, immortalò in una serie di scatti (3500!) in bianco e nero una Milano magica nelle sue nebbie e nelle sue periferie e nel suo allontanarsi dalle macerie verso la modernità. Abbiamo messo assieme quella che noi chiamiamo la biblioteca dello scrittore, con libri storici e di design. E poi abbiamo immaginato quello che pensavano i nostri genitori, perché noi l’atmosfera di quegli anni l’abbiamo respirata in famiglia, ma eravamo veramente piccoli.
Giorgio – La prima categoria è stata la memoria. Poi giornali, libri e film. Ma senza il filtro della memoria che ci faceva sentire la realtà di quello che stavamo scrivendo non saremmo arrivati lontano. Per fortuna abbiamo un’ottima memoria.
Giorgio, ci parla della colonna sonora che fa da sfondo a Vertigine?
Giorgio – Era la musica che girava intorno. Ora siamo in un tempo che della musica ha fatto una marmellata indistinta. Allora la musica che girava intorno era poca e le canzoni bisognava farle durare tutto il giorno. E così le si imparava, le si mandava a memoria. Anche quelle straniere, magari con versi storpiati. Le radio erano sempre accese e, ora di sera, le valvole diventavano roventi, ma noi eravamo passati da “Papaveri e papere” alla “Sinfonia svedese” di Alfven (era la sigla di una trasmissione). Poi abbiamo preso Belafonte, Buscaglione, Frank Sinatra, Modugno e ne abbiamo fatto la nostra colonna sonora. Io ho scritto ascoltando quella musica e parte di quegli umori sono schizzati in pagina.
Il romanzo è soprattutto un noir. Vi siete ispirati a qualche autore particolare quando avete deciso quale sarebbe stata la trama?
Erica – Abbiamo pensato molto a Hitchcock (non a caso nella dedica c’è un dialogo di Vertigo-La donna che visse due volte). Ma anche a Jim Thompson e David Goodis e ai noir americani e francesi degli anni d’oro. Ma anche alla leggerezza ironica di Raymond Chandler. Con un pensiero costante alla immensa bravura di Georges Simenon nel delineare personaggi e caratteri sfuggendo sempre dalla banalità.
Giorgio – Io invece, oltre a Simenon, segnalo gli italiani: non Scerbanenco, ma il commissario De Vincenzi di Augusto De Angelis. E poi le voci del nuovo giallo milanese: da Biondillo ad Andrea Ferrari e Sandrone Dazieri. Chandler e Simenon, come è ovvio vivono nell’empireo di tutti i giallisti.
Avete già pensato a un nuovo romanzo scritto a quattro mani?
Erica – Quando abbiamo consegnato Vertigine il senso di vuoto (e di vertigine..) è stato così forte che abbiamo cominciato a raccontarci un’altra storia, sempre con Greta, Tom e Marlon protagonisti, più tanti nuovi comprimari. E.. abbiamo già una prima stesura. Se tutto va come dovrebbe, se le stelle saranno benevole, nella primavera 2014 il nostro secondo libro a quattro mani potrebbe arrivare in libreria.