Data di pubbl.: 2025
Traduttore: Elena Cantoni
Pagine: 400
Prezzo: € 22,00
Secondo capitolo della trilogia dedicata a Nerone, Tiranno di Conn Iggulden, acclamato scrittore di romanzi storici, è una straordinaria cavalcata nella Roma del 50 D.C. e anni seguenti. Dopo i crudeli regni degli imperatori Tiberio e del folle Caligola, dopo quello solo in apparenza moderato dello zoppicante e balbuziente Claudio – ma anche lui, alla fine, fece giustiziare una trentina di senatori – si affaccia al potere Nerone. Figlio di Agrippina – sorella di Caligola e unica sopravvissuta alla sua famiglia di origine, quella dell’amatissimo generale Germanico – e del suo primo marito, Gneo Domizio Enobarbo, Nerone entra nel palazzo imperiale grazie al terzo matrimonio della madre con l’imperatore Claudio e deve vedersela con i due figli che costui ha avuto dalla moglie precedente, Messalina: la piccola Ottavia e il fratello Britannico, di un paio d’anni più giovane di Nerone e da costui disprezzato. Il futuro imperatore ha solo quattordici anni e come amici fidati Otone e Sereno. I loro progressi scolastici sono pari a zero, la disciplina totalmente assente, gli scherzi al loro precettore crudeli. Finché, alla morte di questi, non arriva sulla scena Seneca, richiamato dall’esilio in Corsica per metterli in riga, insieme al capo dei pretoriani Burro. S’illuderanno di farne degli uomini probi perché la natura dei tre amici è tutt’altra. Avidi di potere, poco inclini all’empatia, incapaci, nel caso di Nerone, di una corretta gestione della rabbia. I maneggi di Agrippina faranno sì che Nerone venga adottato da Claudio – diventando in questo modo e per età il primo in linea di successione al trono imperiale -, sposi la cugina/sorellastra Ottavia e vesta la toga virile un anno prima del dovuto. Ma un incidente, di cui Nerone è in parte responsabile, occorso a Britannico – e qui l’autore inventa di sana pianta l’episodio come afferma nelle note finali – spingerà da un lato Claudio a revocare i diritti di primogenitura di Nerone e dall’altro sua madre Agrippina a provocare la morte del marito imperatore. L’ascesa al trono del giovanissimo Nerone, però, eroderà il potere di Agrippina invece di potenziarlo, come lei credeva. Stanco dell’ingerenza della madre nella sua vita privata e nel governo dell’Impero, Nerone troverà il modo di liberarsi di Agrippina una volta per tutte, ingaggiando con lei una lotta senza esclusione di colpi, una lotta fra due colossi dell’inganno, della brama di potere e della violenza.
Ritratto impietoso di un rapporto malato madre/figlio, il nostro cuore propende nondimeno per l’impareggiabile Agrippina, sopravvissuta a Tiberio, a Caligola e al marito Claudio, maestra di manipolazioni, potenza oscura e occulta nel palazzo imperiale, mandante di efferati omicidi tutti, senza eccezione, volti a spianare la via verso il trono al figlio Lucio Nerone e, di conseguenza, a se stessa come imperatrice madre. Amante di astrologi, mistici e indovini ebbe davvero al suo servizio la galla Locusta e la serva Polla che appaiono nel romanzo.
Magnifica la parte centrale del libro con la dettagliata descrizione della naumachia – che in realtà si svolse nel lago del Fucino e non a Roma – con la vittoria finale del re britannico Carataco a cui è attribuita la frase pronunciata per lo stupore al cospetto dello sfarzo della città di Roma: “Tutto questo, e hanno voluto comunque anche le nostre capanne?”. Frase valida ancora oggi di fronte a certe guerre di “conquista” incomprensibili e crudeli.


