Autore: Orlando Donfrancesco
Data di pubbl.: 2019
Casa Editrice: Historica edizioni
Genere: Romanzo
Pagine: 243
Prezzo: 18 €
Il sole a Occidente, romanzo di esordio di Orlando Donfrancesco, mi aveva stupito e non poco. Era un’opera che sfidava le convenzioni della letteratura contemporanea con quel modo di legare passato e presente, avanguardismo e lirismo. Ebbene, quel libro ha avuto successo, tant’è che è stato tradotto in francese.
Avrà la stessa sorte Sulla cima del mondo? Lasciamo che sia il fato a rispondere.
Certamente, con questo libro, lo scrittore romano fa un passo in avanti, perché tratta un tema scomodo come Fiume e la vittoria mutilata. La storia di quel tragico periodo diede manforte ai reazionari, al Fascismo e a un patriottismo insensato che meriterebbe di essere approfondito. Orlando Donfrancesco si inserisce, quindi, in una cornice storica particolare e ciò che si muove al suo interno tende a rievocare utopia ed eroismo.
Saverio Gualtieri è un reduce della Grande Guerra. È un giovane che ha sfidato la morte e che è riuscito a portare a casa la pelle. Ha dato all’Italia una nuova Giovinezza, macchiata però da quell’infame mutilazione, ovvero, Fiume, oggi città Croata, ma prima terra promessa, poi sacrificata in maniera pusillanime. Di qui il folle progetto di Gabrielle D’Annunzio che arrivò anche a dichiarare guerra al Regno d’Italia pur di creare uno stato dell’arte e della libertà.
Ed ecco Saverio, che torna nella sua Roma con le ferite di guerra, che non sente suo l’ambiente borghese, che odia suo padre giolittiano, che non vuole morire in un mondo piatto, freddo, in cui solo l’apparenza conta. Sembra la storia di un hippie, invece, è il romanzo dei ragazzi di Fiume. Giovani che si rifugiarono in questo luogo con la speranza di costruire una società basata sull’arte, sulla parità dei sessi, sulla libertà di espressione. Una comunità di pensatori guidati dalla voglia di sovvertire il Mondo. Una società lontana da quella borghesia che era scesa a patti con il Capitalismo americano e con il moralismo del quacchero Wilson.
Per molti, l’esperienza di Fiume fu solo la palestra del Fascismo, invece, fu la prima lotta armata in nome di una utopia. Orlando Donfrancesco ha scritto questo libro dopo mesi e mesi di meditazione negli archivi storici. Non si è fermato al si dice che, ma ha interrogato la storia, in particolar modo, la muta pagina fiumana che va ancora setacciata. Per quanto riguarda la prosa, Donfrancesco utilizza uno stile futurista che strizza l’occhio ai registri contemporanei, questo perché alcune regole di quell’avanguardia che tanti cuori infiammò nei primi due decenni del novecento sono diventati patrimonio comune, ma guai a dirlo. Basterebbe leggere Democrazia Futurista di Marinetti per capire quale rivoluzione si stava compiendo in Italia.
Fiume fu meta ambita per sindacalisti reazionari, filo-bolscevichi, arditi, socialisti rivoluzionari, patrioti incalliti. Vero è che qui presero vita certi usi e costumi che tanto piacquero al Duce, che li fece propri infarcendoli di una pessima retorica. Fatto sta che Fiume fu patria di giovani che volevano cambiare il mondo.
Orlando Donfrancesco ha scritto un altro magistrale romanzo su un argomento scomodo e, come ne Il sole a Occidente, ha usato un linguaggio senza tabù.