
Data di pubbl.: 2025
Pagine: 120
Prezzo: € 15,00
Quando la parola è una lama affilata la poesia è autentica in tutto quello che dice.
In Onore alla figlia, il nuovo libro di Anna Segre, di parole che squartano come lame affilate ne troviamo tante.
Segre scrive questi versi a ridosso della morte della madre e la figlia si trova a fare i conti con le conseguenze della perdita: ci troveremo coinvolti in un dialogo tra la poetessa e la madre.
Segre nel suo libro tesse la trama di un dialogo, interroga e si interroga, si trova a ragionare con il cuore e con la mente sempre da figlia intorno al dolore perché scrivere resta l’unico mondo per apparecchiare il peso di un’assenza.
«In queste parole, – scrive nella prefazione Manuela Fraire – la figlia non si limita a ricordare: attraversa, interroga, restituisce. Non è la posizione a contare, ma il soffio, il quotidiano. Non la genealogia del sangue, ma quella dell’ascolto. Questi versi non chiedono giustificazione, né indulgenza: aprono una soglia. Parlano da figlia, ma non per essere nel ruolo – per liberarlo, per rifarlo, per dare voce a ciò che non si era mai potuto dire».
Onore alla figlia è un libro d’amore che nasce dalla perdita e dal dolore. Segre declina in un canto poetico elevato tutti i nomi di sua madre, non si limita parlare di sé ma va oltre mettendo la vita in versi, come piaceva molto a Giovanni Giudici, e consegna alla pagina una poesia confessionale che diventa una visione che riguarda tutti noi che leggiamo.
«Tutto è fuga dalla sofferenza / ogni cosa può servire alla bisogna / anche la fatica, anche un lavoro ingrato, / persino un’altra sofferenza»; «Ho imparato da mia madre. / Ad aspettare senza quasi / respirare il mio momento.»; «Nel dubbio / lo spettacolo di me stessa / va in onda ogni giorno / sordo a tutto. / Anche agli applausi».
Con una scrittura tagliente («E adesso sono / una vecchia poetessa / che non trattiene il turpiloquio / l’empito lo slancio e l’idiozia.») Anna Segre con Onora la figlia in sessantotto poesie chiama per nome il lutto, entra tra le pieghe del dolore, parla del mondo, colloquiando con la madre: le parole sono sempre affilate e squartano senza mai essere consolatorie: «Non c’è niente da capire / e io mi sfarino / nel tentativo di dare senso. / Un macchietto di ghiaia / mi sento. /Tesso con un filo di buio / adesso / il mio inutile arazzo».
La poesia deve farci sentire il freddo addosso, e in questo libro Anna Segre scrive con il sangue, scortica la vita e la morte, taglia, ferisce, è sempre fuori dal radar della consolazione.
Schietta, tenace, sanguigna è la poesia di Anna Segre che in Onora la figlia strangola le parole del dolore, brucia la carta, e ci lascia un grido d’amore e di dolore trattenuto alla soglia della gola (come scrive nella postfazione Cecilia Lavatore).
Un grido lucido che in assenza d’illusione attraversa la vita (fino alla morte), che è sempre una ferita nell’inesistenza.