
Data di pubbl.: 2025
Pagine: 119
Prezzo: €12,00
Per Iosif Brodskij la poesia è il livello supremo della lingua. Giuseppe Ungaretti parla della poesia come di uno schianto di nervi. In un modo o nell’altro il poeta c’è quando è in grado di mettere in croce le parole dimostrando con i suoi versi di non voler raggiungere altro risultato che la sincerità.
Giuseppe Perrone nella sua poesia alle parole che pensa e scrive non concede tregua, le interroga fino all’osso e sulla pagina arriva sempre lo schianto del loro significato.
L’ora del buio e La quarta parete, i due libri più recenti del poeta tarantino, indicano chiaramente la strada che Perrone ha deciso con coraggio di percorrere.
Il poeta è nudo davanti alla realtà. Con uno sguardo disincantato guarda in faccia lo sgomento e prende coscienza, avendo sempre gli occhi aperte sulle macerie.
Giuseppe Perrone si fa poeta civile e scrive poesie per sopravvivere al caos di questo viaggio al termine della notte.
Macerie e acquasanta è il tassello che mancava di questa decennale riflessione del poeta sulle cose della vita e del mondo e su di noi, che ne facciamo parte.
Perrone entra a gamba tesa nella parola muta dell’inverno di questo nostro scontento, scava a mani nude e le parole le fa sanguinare quando scrive del dolore della nostra realtà e delle macerie di questa nostra vita.
«Non devo piangere / Solo scrivere realtà / Sulle macerie di questa vita /
Parole nude e di verità /Acqua santa sulla coscienza».
Eccola la dichiarazione di poetica di Giuseppe Perrone. È quella di un poeta e di un uomo che hanno una coscienza e hanno deciso di non tacere.
Il poeta non insegue le parole, le pensa e le scrive dopo averle pronunciate, senza nascondere nulla a chi le legge.
Sono forti e per niente accomodanti le parole che Perrone usa per raccontare tutto il dolore di noi che stiamo in mezzo alle macerie.
«Il filo rosso / Di sangue / Serpeggia / Cattura / Asfissia / Stritola / Ingoia / Il marciapiede si sporca / D’infamia / A nulla serve la pioggia del cielo / L’onta rimane».
La poesia di Giuseppe Perrone è uno schianto di nervi. Davanti alle macerie dell’esistenza il poeta non mostra l’acqua santa della consolazione. Sa essere testimone disincantato del suo tempo, guarda in faccia la bestia della realtà e con parole crude e forti racconta, attraversando sempre, lo schianto che ci coinvolge, che ci travolge.
«Un grumo di sangue / l’epilogo del giorno / Cosa disse la ferita? / Un gemito di dolore /un sospiro di memoria».
Perrone mette in croce le parole, le fa sanguinare e noi quando lo leggiamo sentiamo addosso un freddo terribile e ci accorgiamo che abbiamo di fronte un vero poeta.