Il conferimento del Premio Chiara- Parole della Musica, in collaborazione con il Premio Tenco, a Luciano Ligabue è stata l’occasione per un pomeriggio davvero speciale domenica 7 ottobre a Varese. I fans del cantautore hanno dato vita a scene di gioia e delirio al suo ingresso nella sala Napoleonica delle Ville Ponti. Clima di festa, quindi, che poi è diventato subito quello una chiacchierata intimistica e intensa, nella quale Vittorio Colombo, Enrico De Angelis e Antonio Silva sono stati abili a far correre le parole del Liga dai testi delle sue canzoni alle sue poesie, dal cinema ai racconti, facendogli raccontare con franchezza ed emozione istanti di vita e di carriera.
Si parte così dalla scelta di vivere in provincia e si va subito alla radice del successo delle sue canzoni.
<<Dalla provincia non me ne sono mai andato perché mi ci riconosco. Da sempre sono stato appassionato di storie e da frequentatore di bar idolatravo certi personaggi estrosi che solo lì si possono trovare. Nei miei primi pezzi ho imitato i cantautori, ma per fortuna quelle canzoni non le ha mai ascoltate nessuno: erano vuote, cariche di presunzione. Poi ad un certo punto non so per che motivo mi è uscita una canzone piena della mia esperienza, di quello che vivevo ed era “Sogni di Rock’n’ roll”. A quel punto mi sono dato una regola ferrea: scrivi solo quello che conosci, che hai visto, hai vissuto. E’ andata così per 22 anni>>.
Il racconto della sua carriera prosegue: <<Il primo anno in cui diventi una star è fatto di novità e d’incoscienza ed è una benedizione che non puoi mantenere perché poi fai i conti con la responsabilità. Continuo a divertirmi a fare questo mestiere, ma il primo anno è stato magico e irripetibile>>. Non mancano poi i momenti di crisi e difficoltà, quando ci si accorge che tutti ti considerano un arrivato e come tale distante e arrogante. Lì è nata “Una vita da mediano”, <<una canzone che non scriverei più perché in realtà mi piace essere una punta, ma che mi serviva ad affermare che ero arrivato lì con la fatica, in un periodo in cui provavo un senso di straniamento nei rapporti umani>>.
Il Liga narratore scrive storie un po’ forti, pieni di suspence e colpi di scena: l’ultima sua raccolta si intitola “Il rumore dei baci a vuoto” (Einaudi) e comprende tredici racconti che <<stati scritti nell’arco di tre anni romanzando aneddoti realmente accaduti e creando un’autobiografia nascosta>>.
In essi, come nelle sue canzoni, c’è sempre lo spazio per la riflessione sulla vita: << rispetto al destino noi non siamo in condizione di intervenire; rispetto alla volontà possiamo metterci del nostro per cercare di far capitare quello che vorremmo, per indirizzare la vita e lì non abbiamo alibi. Mi piace pensare che la fortuna sia anche un po’ un premio di un lavoro che hai saputo fare.>>
Continuando con la musica, tra gli ispiratori del Liga ci sono i cantautori, da Bertoli che lo ha di fatto lanciato, a Guccini, salito con lui sul palco del premio Tenco con la canzone scritta a quattro mani “Ho ancora la forza”
Dai racconti dei suoi inizi e dei suoi “miti”, la rockstar scivola con la naturalezza del suo vissuto e la concretezza delle sue sensazioni al racconto dell’impegno civile con Piero Pelù e Lorenzo Jovanotti, che ha consentito la costruzione di due ospedali in Afghanistan e del difficile rapporto con il padre, molto diverso nel carattere e nelle scelte, che gestiva una balera e definiva i cantanti dei morti di fame, ma nel mitico periodo delle radio libere gli regalò la prima chitarra .
Alla fine dell’incontro Ligabue, con l’acclamazione del pubblico che lotta per immortalarlo in uno scatto, viene premiato “per aver dato voce, parole e musica allo spirito del tempo e al sentimento di una generazione con spiccata sensibilità e capacità letteraria nel saper evocare mondi marginali e “provinciali” esemplari nella loro universalità”.
Firme di autografi quindi, mentre la sicurezza stenta a tenere a bada i fans, trascinati stavolta non dalla musica ma da un racconto emozionante.