Autore: Madame de Staël
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Bibliosofica
Genere: saggistica
Traduttore: Inzerillo A. e Ghersi L.
Pagine: 168
Prezzo: 12,00 €
Riproponendo gli scritti di Madame de Staël, la casa editrice Bibliosofica mette a segno un colpo importante. L’operazione recupera l’opera di una grande pensatrice del secolo dei lumi, sfrattata fin troppo. Il destino della figlia di Jacques Necker, ministro delle finanze del re di Francia Luigi XVI, è quello dei grandi. Messa alla porta dai francesi, che non hanno mai tenuto conto del suo peso, decise di rifugiarsi a Coppet, sulle rive del lago di Ginevra. Lì con i più grandi pensatori dell’epoca già parlava di Europa.
Nata nel 1766 e morta nel 1817, la baronessa de Staël, nome di battesimo Anne-Louise Germanie, ha vissuto i tumulti della Rivoluzione francese e la parabola napoleonica. Ciò che colpisce della sua immagine è il pensiero audace. De Staël è una “illuminata” ma anche una fervida religiosa. Non indossa però i panni stretti della dottrina cattolica, bensì va alla ricerca di una verità suprema. Nelle sue parole notiamo un bisogno di unicità, di sintetizzare e incasellare il pensiero umano in qualcosa di sovrannaturale. Certamente dobbiamo tener conto che Germanie vive in un periodo in cui le donne non erano troppo considerate e veniva mal digerita la loro intrusione nel mondo delle lettere. Di qui anche l’immeritato oblio in cui è stata riposta.
Questa breve raccolta, quindi, ha lo scopo di riportare alla luce una Ipazia dell’epoca moderna. Un paragone giusto, a mio modo di vedere, viste le intuizioni contenute in queste lettere. Germanie, infatti, è un’appassionata lettrice dell’opera di Rousseau. Nei suoi scritti esalta ma alla stessa maniera sottolinea i punti critici del pensiero del filosofo. Non si limita ad adorarlo, in alcuni casi lo demolisce. Il risultato però è un quadro memorabile in cui il pensatore francese vive di luce propria. La De Staël infatti scandaglia la sensibilità del filosofo, mette in mostra il bello e il brutto di lui e nella sua sensibilità rintraccia la radice di ogni sua idea.
Interessante anche la lettura che viene fatta del suicidio. La De Staël lo condanna e va oltre parlando di “dedizione” e di “senso della vita”. Nulla a che vedere con il pensiero cattolico, che viene usato solo come punto di partenza, Germanie preferisce penetrare nel cuore dell’uomo. Vuole capire le intime ragioni che spingono una persona a togliersi la vita. Di qui la sua superlativa intuizione. La dedizione è il senso della vita e vuol dire dedicarsi a qualcosa che dia frutti alla collettività. Il suicidio invece si pone nella dimensione egoistica dell’uomo, è la soluzione più semplice per chi vive solo per sé. Bisogna scegliere, o la vita si intende come una partita in cui si vincono e si perdono dei beni o essa è il primo passo verso l’immortalità.
Logicamente siamo davanti a un libro per appassionati, che potrebbe incontrare i favori di chi vuole farsi un’idea e allargare il campo delle proprie conoscenze. La lettura è piacevole. L’ottima traduzione del testo e una corposa introduzione che spiega nei minimi dettagli i punti cardine del pensiero della De Staël e il contesto storico, rendono questa lettura un appassionato viaggio alla scoperta di una pensatrice che la storia ha dimenticato.
Ho sempre considerato queste operazioni delle vere e proprie scommesse, merito quindi alla casa editrice Bibliosofica che ha riportato alla luce un pezzo raro e prezioso dell’età dei lumi. Inoltre, questo libro non va considerato come un’opera per i soli addetti ai lavori. Nonostante la materia trattata è accessibile a tutti, in particolar modo a coloro che non si pongono limiti.